Canottieri Limite, fucina di campioni e maestra di vita

Limite sull’Arno (Firenze).«Non vuole essere una fabbrica di campioni, ma una scuola di vita». Lorenzo Carboncini (gruppo sportivo Fiamme Oro, medaglia d’argento nel «quattro senza» a Sydney 2000, un mondiale a Barcellona, una decina di podi in carriera) è nato e cresciuto qui, in riva all’Arno. Ovviamente parla della Canottieri Limite, la società sportiva che lo ha preso in «custodia» quando aveva appena 9 anni e che martedì scorso ha festeggiato i suoi 150 anni, evento fortunato che coincide con l’anniversario dell’unità d’Italia. È stata una festa speciale, impreziosita dalla presenza dello stato maggiore di Ucina-Confindustria Nautica. Il presidente, Anton F. Albertoni, infatti, ha convocato il consiglio direttivo dell’associazione proprio qui, in riva all’Arno, una terra che ha visto nascere alcuni tra i più prestigiosi cantieri e ben 7 «Pionieri della Nautica».
Assente «giustificato» il numero uno della società, Filippo Busoni, impegnato a Cortona per ritirare il prestigioso «Premio Speciale 150 anni dell’Unità d’Italia» assegnato nell’ambito del «Premio Internazionale Fair Play Mecenate». Busoni, tuttavia, ha salutato gli ospiti con un messaggio.
Cinquecento soci (tessere annuali dai 25 ai 50 euro), circa 70 atleti e atlete tra junior, senior e ragazzini della scuola di formazione (10-13 anni) e un medagliere «pesante», la Canottieri Limite conta soprattutto sul lavoro di alcuni volontari. A cominciare dalle cariche più alte: da Busoni al segretario Mario Pucci, dall’eminenza grigia (ma non diteglielo...) Saverio Cecchi (sindaco-tesoriere e consigliere di Ucina-Confindustria Nautica) a tanti altri.
Forte di tre nobili sponsor (Veleria San Giorgio, Leopard Yachts e Credito cooperativo di Cambiano), la società impiega tutte le risorse a disposizione per la formazione dei ragazzi. Risorse che spesso non bastano nonostante l’oculata gestione. Ma alla mission non si rinuncia. Di qui un appello ai soci Ucina, spontaneo e improvvisato, da parte di Anton Francesco Albertoni: «Questa è una missione tra le più nobili, dobbiamo sostenerla. Per il bene di tanti ragazzi».
Il messaggio tocca le corde giuste: cuore e portafoglio dei presenti. Qualcuno si avvicina al microfono per dire semplicemente: «Io ci sono». Ci saranno in tanti. Anche perché da queste parti c’è un piccolo spaccato di quell’«Italia migliore» che va sostenuta e incoraggiata. Qui c’è solo il rischio di sfornare campioni per farli diventare soprattutto Uomini. Come Lorenzo Carboncini: «Questa è la mia base - dice mentre suda sotto gli occhi della figlia Matilde, 7 anni, così fiera di cotanto babbo - Mi sto allenando per i mondiali di fine agosto in Slovenia. Sono importanti perché i primi 11 si qualificano alle prossime Olimpiadi. Qui, invece, la società sta facendo un lavoro eccellente. I dirigenti hanno creato soprattutto una grande famiglia. Dai grandi valori».
«Quand’era ragazzino - dirà più tardi Saverio Cecchi - lo chiamavo “besciamella”. Era cicciottello...

Non avrei scommesso una lira su di lui. Mi sono sbagliato. Gli devo delle scuse». Intanto la festa continua: domani si svolgeranno le regate fra le 49 società centenarie nazionali di canottaggio. E sarà una sfida all’ultimo colpo di remo.

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