Roma

«Le canzoni? Un buon nascondiglio»

Quarantaquattro anni e non sentirli grazie a un elisir di giovinezza fatto di canzoni ed emozioni, per Luca Carboni. Domani sera il cantautore bolognese farà tappa all’Auditorium Conciliazione con il suo «... Le Band si sciolgono tour 2007».
Da «Intanto Dustin Hoffmann non sbaglia un film» (1984) a «Le band si sciolgono», cosa è cambiato, 23 anni dopo, nel suo modo di fare musica?
«Sono cambiati i suoni, gli arrangiamenti, la musica stessa. Ma lo spirito è rimasto quello di sempre: le canzoni come espressione delle mie sensazioni, del mio percorso di vita. Non casualmente, per la sua dimensione intimista, personale, i critici hanno paragonato l’ultimo lavoro ai miei primi dischi. A riprova di come il famoso "filo conduttore" non si sia mai interrotto».
Qual è il brano della sua carriera che le ha lasciato più «tracce» dentro?
«Rispondere non è facile. Brani come Silvia lo sai o Farfallina, Primavera hanno segnato momenti di grande ispirazione che hanno incontrato il consenso del pubblico. Ma forse la traccia più grande è quella che lascia il primo amore, il primo figlio, e quindi se proprio devo scegliere opto per Ci stiamo sbagliando, perché in fondo è stata la canzone che mi ha fatto arrivare fin qui».
E invece ne «Le band si sciolgono»?
«Be’, credo che i testi più significativi siano Segni del tempo che affronta il tema del passato-futuro della mia generazione, e Sto pensando. Anche quest’ultimo raccoglie lo spirito dei miei primi lavori e il passaggio dalla dimensione privata a quella generazionale».
Domani sera il concerto romano. Che rapporto ha, lei bolognese doc, con questa città?
«Frammenti di Bologna entrano spesso nei miei testi. E forse è per questo che, a differenza di altri autori, non ho mai voluto dedicare una canzone interamente alla mia città, perché è come se la sua presenza si diluisse in tutta la mia musica. Invece Roma è importante per i ricordi che mi legano a lei: il sogno della mitica Rca e gli studi di via Tiburtina, dove negli anni ’80 andai in autobus a firmare il mio primo contratto chiedendo indicazioni all’autista con il nome della strada su un pezzo di carta. I lunghi soggiorni a piazza Gioacchino Belli, la magia di Trastevere e del Tevere».
Nella sua biografia-intervista «Segni del tempo» (in libreria dal 21 febbraio) scrive: «Non ho mai avuto particolare simpatia per i vincenti. Quando a vincere sono io, finisco, dopo un attimo di grande gioia, per trovarmi antipatico». Sensazioni inusuali, di questi tempi…
«Anche con Le band si sciolgono ho voluto significare il mio disagio nell’essere protagonista, unico solista: una condizione che non era nei miei sogni. Essere vincenti, per chi come me ha sempre preferito nascondersi nelle canzoni, è un po’ come essere soli».
Chi sono oggi le «persone silenziose» che compaiono nel suo nuovo cd?
«Probabilmente sono ancora quelle della mia generazione, che è rimasta silenziosa anche dopo aver superato i quarant’anni, non riuscendo a incidere nella società come avrebbe dovuto.

Ma forse i nostri silenzi ci hanno portato a vivere in altri campi le nostre esperienze, a far crescere dei valori importanti che abbiamo preferito tenerci dentro, sviluppando però energie positive».

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