Caos dei cieli, Zapatero ora imita Franco per stroncare gli scioperi

Il governo socialista spagnolo mette fine all’agitazione selvaggia dei controllori di volo adottando per la prima volta dai tempi del Generalissimo lo stato di emergenza che prevede la galera per chi non lavora. Risultato? Funziona...

Caos dei cieli, Zapatero 
ora imita Franco 
per stroncare gli scioperi

Per anni, per decenni, vessati dai signori dei cieli che a ogni piè sospinto si facevano saltare la mosca al naso tirando sul prezzo del loro lavoro e infischiandosene alla grande dei passeggeri, intimiditi e beffati, abbiamo sognato quel che si è visto ieri in Spagna. Un governo che tira fuori gli attributi - ma come: il governo del molto progressista «Bambi» Zapatero, quello di sinistra che con le sue ciglia da Barbie castigliana era diventato l'idolo di gay e lesbiche e faceva sognare i nostri Rutelli e i nostri Vendola? - Un governo che tira fuori gli attributi, si diceva, e minaccia il carcere - sissignore! addirittura! - per chi non si presenta in ufficio al volo senza se e senza ma. Uno Zapatero così, calato dai vignettisti nella divisa da Generalissimo, pantaloni a sbuffo e bustina d'ordinanza alla Francisco Franco, chi si sarebbe mai aspettato di vederlo? Ma è stato così che il «fascista» Zapatero, appellandosi allo «stato d'emergenza», con quel che ne consegue, ha avuto ragione degli scioperi selvaggi. Un solo tratto di penna in calce a un ordine di servizio «urgentissimo», e la bomba sganciata dai «ricattatori» di volo nei cieli di mezza Europa si è trasformata nel volgere di una giornata in un «rotundo fracaso», un totale fallimento, per i suoi promotori. Un po' come nel magico agosto del 1981, quando un Ronald Reagan da soli sette mesi alla Casa Bianca fece passare il vizio dello sciopero selvaggio ai controllori di volo licenziandone, dopo un ultimatum di 48 ore, 11 mila su 17 mila.
Dalle 16 di ieri lo spazio aereo spagnolo è completamente riaperto; ma il caos è stato così imponente e ben congegnato, e il marasma negli aeroporti così pervasivo (il ponte dell'Immacolata, quello «della Costituzione» spagnola, più il tempo orrendo su gran parte del continente) che ci vorranno dalle 24 alle 48 ore per un ritorno alla normalità. Trecentomila viaggiatori impiombati, un manicomio negli aeroporti e un perverso effetto domino fra le altre compagnie aeree che non ha risparmiato nessuno.
É la prima volta dal 1977 che il governo decreta lo «stato d'allerta». É la «precettazione», bellezza. Con l'aggravante che se non ti presenti sul posto di lavoro in un fiat finisci dritto davanti alla Corte Marziale per il delitto di disobbedienza civile previsto dal codice militare. Tradotto significa: processo, anni di reclusione - anche otto, anche dieci - e perdita del lavoro. Sul far del pomeriggio, al suono imperioso delle bùccine zapateriane, 109 dei 159 controllori di volo previsti per la giornata erano già al loro posto. Gli altri a seguire, anche se un bel numero di lorsignori ha continuato a fare ammuina dandosi malati e meritandosi perciò, seduta stante, rigorosa visita medica fiscale.
Il vice premier Alfredo Rubalcaba ha «chiesto scusa» ai cittadini bloccati negli aeroporti dal «ricatto» dei controllori. E chiamando le cose col loro nome ha aggiunto: «È un conflitto con una corporazione professionale che da una specie di monopolio lavorativo sottopone a ricatto i cittadini per conservare privilegi intollerabili». «È un ricatto che non possiamo accettare» ha avvertito il vicepremier, sottolineando che il governo «andrà fino in fondo».
Sulle ragioni degli scioperanti (guadagnano intorno ai 350 mila euro l'anno di stipendio, circa il doppio dei loro colleghi europei) si discuterà.

Ma è il principio stabilito con fermezza una volta per tutte che ha fatto volare per aria (simbolicamente) milioni di cappelli in tutta Europa al grido di «olè». E cioè che un pugno di lavoratori (2400, nella fattispecie spagnola) non possono tenere per la gola milioni di cittadini che hanno pagato il biglietto. Di qualsiasi biglietto si tratti.

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