«La capitale ha dimenticato il razionalismo»

Sabrina Fantauzzi

Una volta era considerato argomento per tecnici. Appassionava gli specialisti, i cultori della materia. Studiato all’estero, è stata per decenni ignorata a Roma e in tutta Italia dove ha subito una vera e propria censura ideologica. Oggi è diventato un tema all’ordine del giorno. È l’architettura razionalista che vanta espressioni come l’Eur e il Foro Italico, città cosiddette «di fondazione» come Latina e Sabaudia, nuclei sparsi un po’ in tutto lo Stivale e anche Oltralpe. Un patrimonio da tutelare. Non a caso la Regione Lazio, nella scorsa legislatura, approvò una legge, su proposta di Fabio Rampelli (An), sulla tutela delle Città di Fondazione. Promotore di questo rinnovato interesse, il Centro Studi Architettura Razionalista (Cesar) una fondazione presiduta dall’architetto. Cristiano Rosponi, in seno all’Eur Spa amministrato da Mauro Miccio. Reduce da un faccia a faccia tra due architetti antagonisti come Leon Krier e Peter Eisenman, Rosponi sta ora pensando alle prossime iniziative.
Durante l’ultimo convegno, il Cesar, ha parlato dell’Eur come città ideale, a misura d’uomo. È la solita provocazione?
«No. L’Eur rappresenta sintesi della Città ideale soprattutto se si mette a confronto con le periferie degradate costruite nel dopoguerra. Mentre l’architettura degli anni Trenta ci ha lasciato periferie e quartieri popolari come Garbatella, noi ci ritroviamo Corviale e Tor Bella Monaca. Anche il problema del traffico è strettamente connesso allo sviluppo urbanistico».
Rutelli e Veltroni hanno preferito architetti ipermodernisti come Meier per la nuova Ara Pacis, Piano per l’Auditorium e Purini con il suo grattacielo proprio nel cuore del razionalismo romano. C’è evidentemente qualcosa che non va?
«Manca il dibattito. Merito dell’Eur Spa è quello di aver capito che è fondamentale per il futuro di Roma aprire il confronto. Come ha detto Krier, senza confronto c’è la guerra. Il Cesar si occupa di promuovere questo dialogo tra le tante impostazioni culturali e i tanti stili architettonici anche invitando personaggi fieramente antagonisti, come Krier ed Eisenmann appunto. Perché allora fu possibile trovare una sintesi tra le diverse correnti, quella classica di Piacentini e quella razionalista di Terragni? Perché ci fu un confronto. Lo stesso che il Cesar vuole stimolare con la prossima iniziativa, altrettanto provocatoria: un convegno sull’abbattimento di edifici di scarsa qualità e la loro sostituzione. Tema che riguarda da vicino l’Eur con le anonime Torri di Ligini. Si tratta di un discorso che rappresenta una vera e propria polveriera a Roma, dove l’unico abbattimento che c’è stato non ha riguardato la periferia, ma il centro storico: la teca di Morpurgo. È un caso che si trattasse di un’opera razionalista»?
Lei cosa abbatterebbe?
«Corviale, per sostituirlo con una nuova Garbatella».
Perché oggi l’architettura appassiona un pubblico sempre più vasto?
«Perché è strettamente connessa alla qualità della vita. Se crei quartieri dormitorio, non puoi lamentarti poi dell’intasamento stradale, dell’inquinamento e della bassa qualità della vita.

Le grandi città come Roma allontanano sempre di più gli anziani e i bambini. Non sono i piccoli interventi a risolvere il problema, ma è una politica urbanistica che veda la città come un insieme di comunità di quartiere».

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