Capitalia, Abn Amro «prenota» la ritirata

Pesa la conquista di Antonveneta. «Una volta scaduto il patto agiremo di conseguenza»

Massimo Restelli

da Milano

Puzzle Capitalia. Abn Amro fa i conti con la battaglia Antonveneta e prepara la ritirata strategica dal gruppo romano presieduto da Cesare Geronzi. Fino alla scadenza del patto di sindacato in agenda nell’ottobre 2006 non accadrà nulla ma a lanciare il segnale che la «provincia» italiana di Abn sarà imperniata su Padova è stato lo stesso numero uno Rijkman Groenink.
Il banchiere ricorre al condizionale limitandosi a giudicare «probabile» che la quota in Capitalia (9% del capitale) finirà per essere considerata come un «investimento finanziario». L’annuncio rimbalzato da Londra ha tuttavia il sapore di una scelta di campo o di una promessa che rafforza quanto già annunciato dal numero uno in Italia Francesco Spinelli. Groenink ha confermato la fedeltà al patto («non possiamo uscire né legalmente né moralmente») e al management («ci siamo impegnati a dare il nostro sostegno») ma una volta libera dai vincoli parasociali Amsterdam «agirà di conseguenza» rafforzando così quella sensazione di «scollamento» emersa lo scorso luglio quando il gruppo aveva difeso la propria facoltà di passare la mano dopo 18 mesi a seconda dell’evoluzione della partita Antonveneta.
Secondo Groenink «c’è tanto tempo di riflettere e lo faremo» ma ora che la battaglia per Padova è stata vinta la stessa Amsterdam si trova nella necessità di risolvere una geografia italiana frammentata tra due istituti concorrenti.
Abbastanza per ipotizzare che Geronzi accelererà la ricerca di una soluzione per stabilizzare il già affollato salotto buono che controlla Capitalia dove siedono una quindicina di soci: da Fonsai alla Fondazione Manodori, da Pirelli a Roberto Colaninno, fino a Cinecittà e alla Fondazione Banco di Sicilia che avrebbe tuttavia deciso di alleggerire il proprio impegno.
Mossa preliminare è stata quella dell’ad Matteo Arpe per assorbire la controllata Fineco così da aumentare la massa critica del gruppo ma ora Geronzi dovrà trovare uno o più compratori per il 9% di Abn (un miliardo circa il controvalore ai prezzi attuali di Piazza Affari) che si è impegnata a passare la mano ai consoci o a un cavaliere bianco indicato dal patto.
Sul passo indietro di Abn pesano anche le ricadute finanziarie della scalata ad Antonveneta che vedrà Amsterdam lanciare un’Opa a 26,5 euro per azione, lo stesso prezzo a cui è stata «liquidata» Bpi malgrado Padova probabilmente quest’anno «non rispetterà» gli obiettivi del piano industriale.
Motivi di bilancio che inducono Abn a rinviare anche una piccola acquisizione negli Stati Uniti dove il gruppo controlla già la Lasalle Bank di Chicago. Prima, ha spiegato Groenink, occorre ristabilire i ratio patrimoniali: l’intenzione è raggiungere un Tier 1 dell’8% «ben prima della fine del 2006».

Complice l’aspro contrasto con Bankitalia nelle parole di Groenink c’è probabilmente anche un certo «disamore» per il sistema. Almeno quando il banchiere motiva il fatto di considerare non più strategico l’impegno in Capitalia soffermandosi sui «fattori imponderabili dell’economia e del mercato italiani».

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