Il capitano della nave: «I militanti turchi preparavano l’assalto»

Il capitano della Mavi Marmara, principale nave della Freedom Flotilla, teatro del raid israeliano di pochi giorni fa, ha detto agli israeliani di aver cercato d’impedire violenze a bordo ordinando il sequestro di sbarre e catene in mano agli attivisti turchi dell’Ihh. È quanto appare in un video del suo interrogatorio, diffuso ieri dall’Intelligence and Terrorism Information Center israeliano. Il capitano, Mehmut Tuval, ha detto di aver notato circa due ore prima del raid israeliano, in cui morirono nove attivisti, che gli esponenti dell’Ihh stavano tagliando catene e sbarre di acciaio della nave. Per questo aveva ordinato al primo ufficiale di sequestrarle e aveva fatto anche buttare in mare alcune sbarre e catene. Tuval ha spiegato che temeva che la presenza di armi improprie potesse far degenerare la situazione in presenza dei soldati israeliani. Ma ha aggiunto di ritenere che i capi dell’Ihh avrebbero impedito le violenze.
Il primo ufficiale Gokkiran Gokhan, sempre stando all’interrogatorio effettuato dagli israeliani, ha riferito che al calar della notte gli attivisti avevano tagliato sbarre e catene con seghe circolari che non facevano parte della dotazione della nave. Gokhan ha poi aggiunto che i membri dell’Ihh, circa una quarantina, non permettevano ad altri di entrare nel loro settore della nave. Gli israeliani hanno diffuso il video a sostegno della loro tesi: i soldati hanno aperto il fuoco soltanto dopo essere stati attaccati con violenza dagli attivisti dell’Ihh. Sull’onda delle polemiche suscitate dal blitz di dieci giorni fa che ha causato la morte di dieci persone sulla Mavi Marmara, nave a guida turca che cercava di penetrare il blocco attuato da Israele nei confronti della Striscia di Gaza, ieri un palestinese è stato ucciso da agenti israeliani nella parte orientale (a maggioranza araba) della città dopo aver investito - forse deliberatamente - una pattuglia. L’episodio è avvenuto al culmine d’una giornata segnata da tensioni, incidenti e tafferugli. Teatro della sparatoria è stato il rione arabo di Wadi Joz, vicino alla Città Vecchia di Gerusalemme. Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, la vittima, Ziad Al Julani, di 38 anni, è stata ferita a morte dopo aver travolto alla guida d’un mini-van alcuni agenti delle Guardie di Frontiera che sostavano ai margini di una strada, ferendone leggermente due, ed essersi dato alla fuga.

Un investimento che la polizia ritiene essere stato intenzionale e che qualche abitante della zona ha interpretato invece come accidentale. L’uomo ha poi cercato di allontanarsi a piedi, senza fermarsi all’alt, finché è stato colpito. Ne è nato un tumulto al quale gli agenti hanno risposto con cariche, lacrimogeni e proiettili di gomma.

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