Il capufficio non c’è, sta giocando a curling

Pietra e scopette, tutti contro i canadesi. Allenarsi a tavola con pasta, filetto e Barolo

Tony Damascelli

nostro inviato a Pinerolo

L’alba di un lunedì può essere dedicata a varie cose: il ritorno annoiato al lavoro, la sveglia faticosissima per andare a scuola, la discussione sul gol o il rigore non fischiato, le bollette scadute, la coda all’ufficio postale. Oppure, per non farsi mancare niente nella vita, si può andare a Pinerolo per vedere quelli del curling. Il Toroc dice di avere venduto tutti i biglietti, non si ha però traccia di bagarino nei pressi. Non è detto che il compratore sia anche, poi, spettatore. Il palaghiaccio è bello davvero, piccolo, pieno di luci ma anche di posti vuoti. Saranno mille come i garibaldini; il gruppetto di tifosi svizzeri fa il casino solito «ma non ci hanno permesso di entrare con i tamburi», quello statunitense si comporta da cheerleader, una cinquantina di romantici italiani sventola il tricolore, la figlia della regina Elisabetta sta nascosta da una parte, a lei viene riservata, in mancanza di poltrone, una sedia vippissima. Anna d’Inghilterra osserva la squadra del Regno Unito che in verità è tutta composta da scozzesi, i soliti braveheart da mandare allo sbaraglio, in guerra e nello sport. Poi tocca alle girls che in Scozia vengono chiamate lassies.
Il curling, dunque. E per di più a Pinerolo. Da questo sito, all’inizio del Novecento partì un gruppo di emigranti alla ricerca dell’isola del tesoro. Sbarcarono in Sudamerica, nella terra uruguagia e a Montevideo fondarono anche una associazione sportiva, con la sezione football. Per rendere omaggio al suolo natio chiamarono il club Peñarol. Non è dato di sapere, per il momento, se qui a Pinerolo viva qualche immigrato canadese che abbia voglia di mettere su una squadra di curling chiamandola Touròno che è la pronuncia di Toronto così come mi è stato detto da Russ Howard, giocatore cinquantenne, il più anziano del quartetto canadese. Pinerolo è famosa per la scuola di cavalleria che fu e per il panettone basso e scuro che dal millenovecentoventidue viene cotto nel forno a mattoni rosso e si chiama Galup, che in dialetto sta per Goloso.
Da lunedì 13 febbraio Pinerolo è anche la terra del curling, che in dialetto sta per pietre sul ghiaccio, un gioco che può durare tre ore, diviso in tempi di settantatré minuti e che ha una sua caratteristica unica: non le scope, non la pietra di granito (che già bastano e avanzano), ma la totale, bellissima assenza di arbitri. Giocano quattro contro quattro e vale la loro parola, da sportivi, senza moviola, prova tivvù, commissione disciplinare. «Ho provato tutti gli sport, poi ho scoperto il curling e non lo mollo più», parola di Alverà che è uno dei nostri azzurri battuti ieri dagli scozzesi per poco davvero: 6 a 5.
Nella corsia di fianco giocavano gli svizzeri che hanno tra di loro un oriundo. Claudio Pescia è nato a Wettswill ma sua madre si chiama Giuliana e viene da Piano di Pinè. Per quattro anni ha giocato con gli azzurri: «Volevo ritrovare il gusto di parlare italiano, dal Novantaquattro al Novantotto fu una buona esperienza. Cercai di insegnare lo sport ai più giovani ma mancando le strutture e gli impianti decisi di tornare a casa». Pescia ha un biglietto in più per la finale: «Lo avevo preso per mio padre. E’ morto nel luglio dell’anno scorso». Sorride al semplice ricordo. Se vi capita di andare a Zurigo ed entrare alla SG private banking non chiedete del direttore. Vi risponderanno che è in ferie: «Me le sono bruciate, tre settimane per queste Olimpiadi. Noi siamo dilettanti, io mi occupo della Borsa ma con il curling non si diventa ricchi. Se vinceremo l’oro avremo venticinquemila euro in premio da dividersi in sei, chi gioca e i due allenatori. Bastano per pagarci le trasferte in Canada, lì andiamo per imparare dai mostri».
Dovete sapere che quelli del curling devono allenare la mente e anche il corpo. Per far ciò hanno questa abitudine alla sera di vigilia: «Una grande cena, pasta, filetto, frutta, dolce e due bottiglie di barolo». Ieri mattina, sveglia alle 6, colazione alle 6 e mezzo: «Non bastano cappuccino e brioche ma carboidrati, torte, frutta. Non ci neghiamo il piacere ma dobbiamo allenare la testa».

La prossima settimana sono attesi pullman da San Gallo e Zurigo: «Vengono per sostenerci, per gli svizzeri il curling è una cosa seria, siamo almeno diecimila praticanti. Quando abbiamo vinto l’europeo abbiamo ramazzato trentamila euro». Ha detto proprio «ramazzato». Hanno la scopa in testa anche quando parlano. Intanto Anna d’Inghilterra aveva lasciato la sedia vuota.

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