Carai, il podestà ds che sbeffeggia la Quercia

nostro inviato a Montalto (Vt)

Pentito? No, macché, «aggredito». Impaurito, allora? Ma quando mai: «Io qui potrei fare il dittatore, anzi il podestà». Rimesso in riga dal partito? Costretto all’autocritica? Neanche: «Mi hanno affibbiato frasi prive di fondamento che ho dovuto precisare». Salvatore Carai dunque non molla perché, spiega, «non ho nulla da rimproverami». L’uno contro tutti continua.
Il fisico c’è, basta guardare la circonferenza del collo, o la dimensione delle braccia che la maglietta a righe fatica a contenere. Il coraggio pure, sentito e risentito su tutti i siti web della Tuscia quello che lui, sindaco diessino di Montalto di Castro, è riuscito a dire contro i vertici della Quercia. Anna Finocchiaro, «una talebana del c...o», e Pietro Fassino: «È il segretario ad aver bisogno di me, non io di lui». E ce n’era pure per i giudici, per l’opposizione che voleva le sue dimissioni, per quanti, dal Pdci ad An, dalla Cgil ai parroci, gli rimproveravano la decisione di far pagare al Comune le spese legali per otto minorenni accusati di aver violentato una ragazzina. Ma il giorno dopo il sindaco si sente accerchiato, frainteso, addirittura vittima di un complotto giornalistico. «Io ho profondissima stima per Anna Finocchiaro e Piero Fassino. Le frasi che mi sono state attribuite sono estrapolate da ogni contesto e prive di fondamento. Le mie parole sono state travisate». Eppure per riascoltarle basta andare su internet. «Non ho mai detto che lei era una talebana - insiste Carai -, ribadisco che contro di me è in atto un accanimento mediatico senza precedenti. Soprattutto da parte delle donne». Insomma, davvero un tipo tosto. Carai, allevatore, è nato a Orune, in provincia di Nuoro, dove la gente ha la testa piuttosto dura e perde le staffe per molto poco. Anche lui è parecchio fumantino. Dopo la tempesta che gli si era abbattuta contro, un paio di settimane fa, quando decise di concedere 5mila euro per il patrocinio degli otto presunti stupratori, aveva scelto di cambiare atteggiamento, chiedendo perdono alla vittima: «Non ho mai pensato che il mio intervento potesse arrecare sofferenza a una ragazza già duramente provata. Se è successo me ne scuso». La linea del basso profilo però è durata poco, fino al giorno del dibattito sulla sfiducia chiesta dall’opposizione. Il sindaco prima si è presentato al palazzo comunale di piazza Matteotti alla testa di un nutrito corteo pieno di donne. «Salvatore non mollare, siamo tutte con te» diceva uno striscione. Poi, in aula, è esploso. «Potrei fare il podestà, il dittatore. Voi dell’opposizione non sapete nemmeno quali sono i poteri di un sindaco. Qui non si passa, dovrete aspettare 5 o 10 anni. La gente di Montalto è con me». Adesso ha spento il telefonino e aspetta a piè fermo la nuova bufera. Uno contro tutti e i tutti stavolta sono davvero tanti. Dal portavoce di Fassino che ha parlato di «sprezzo del ridicolo» e gli ha consigliato un periodo di riposo, alle donne di An, che giorni fa si sono imbavagliate davanti al Comune. Dai dirigenti regionali dell’Ulivo, che gli chiedono «profonda autocritica», alla Mussolini, che ha offerto di pagare un avvocato per la vittima dello stupro, al vicesegretario provinciale del Pdci, Radames Petti: «Carai è il padre-padrone di Montalto e la ragazza continua ad essere psicologicamente violentata».


Telefono Rosa gli offre un corso accelerato di femminismo: «Può venire una settimana da noi - dice Gabriella Moscatelle - per capire cosa significa essere vittima di un’aggressione». Fabiola Talenti, consigliere comunale di An, torna al punto: «Abbiamo chiesto la sfiducia perché non possono essere usati fondi pubblici come fossero propri. Mica siamo in Bulgaria».

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