Adriano Celentano, nel bene e nel male, è l’uomo del momento. E Maurizio Cattelan è uno degli artisti contemporanei più controversi. Così l’edizione tedesca della rivista Interview (fondata nel 1969 da Andy Warhol, con il sottotitolo The Crystal Ball of Pop, per intervistare in modo irriverente le grandi star) propone un dialogo-scambio epistolare - un po’ troppo mellifluo - tra l’«intellettuale mediatico» e il «molleggiato».
Più che altro è una doppia sviolinata sotto forma di lettere, in cui Cattelan dice che non vede l’ora che arrivi il Festival di Sanremo. «Ricordo ancora la tua apparizione anni fa in sostegno a Tony Renis. Ci regalerai ancora qualche minuto di libera imprevedibilità? Spero che sia la prima di una lunga lista di sorprese». Celentano replica dicendo di ammirare l’arte di Cattelan, «nella quale ritrovo una certa follia, dove anche io mi riconosco, che spiega più di tutti il mondo in cui viviamo». Poi, dopo i complimenti, passa a raccontare la sua storia di figlio di emigranti poveri ma onesti e allegri. Alla domanda su Chi non lavora non fa l’amore, all’epoca considerata contro lo sciopero, Celentano ammette che il suo messaggio venne frainteso: «Come potrei io, con la mia storia familiare e personale, essere contro gli scioperi, l’unica arma democratica per fare rispettare i diritti dei più deboli?». Senza rinunciare alla predica, Celentano attacca anche i politici: «Diffido della classe politica perché ha creato impunemente i disastri che stanno affondando la vita delle persone. Forse dovrebbero essere affiancati da filosofi e poeti per recuperare la cultura dell’onestà e della sapienza».
Poi ammonisce, preparando il terreno alla sua apparizione sanremese che tanto inquieta qualcuno: «Il mio misero pensiero voglio che si comprenda. Parlo in modo semplice e a volte questo può spaventare. Non c’è nulla di più pericoloso di farsi capire». Ma lui non corre questo rischio.
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