Caro Lippi, ecco perché la tua Italia è vecchia

È presto per decretare defunta la Nazionale campione del mondo ma non è mai troppo tardi per denunciare gli errori (commessi da Lippi) e i rischi che corre il calcio italiano inteso come movimento. E non solo per la sconfitta, prima della storia, rimediata dall’Egitto ma per gli effetti pratici e le conseguenze provocate dalla randellata seguita in tv da 9 milioni di italiani (40% lo share) a dimostrazione dell'interesse intatto per il club Italia. Il nodo della questione è uno soltanto: la Nazionale gioca male. Si è salvata contro gli Usa, che non sono la Spagna, grazie all'innesto di un paio di cellule attive, Giuseppe Rossi e Montolivo; è affondata miseramente contro l'Egitto, nonostante la perdita delle tre migliori pedine tra i rivali, per l'imprecisione di Iaquinta e la povertà fisica tradita dal gruppo. A Lippi, più che l'ostinazione di fidarsi ciecamente degli eroi di Berlino, bisognerebbe mettere sul conto alcune scelte palesemente sbagliate: insistere su Gattuso, alla ripresa dopo un grave e lungo infortunio, è un accanimento più che una testimonianza di affetto. «È già un miracolo che sia qui» ha confessato Rino in queste ore. Ma il vero deficit è che accanto al Gattuso dimezzato sono comparsi Pirlo e De Rossi (sul gol si è staccato a fatica quasi avesse una zavorra supplementare sulla schiena) con le ruote sgonfie e se si gioca col tridente in attacco, i tre di mezzo campo devono avere il massimo delle risorse fisiche a disposizione per non esporre la difesa a figuracce non tutte ascrivibili al capitano Cannavaro. Chiellini, per esempio, è apparso il meno affidabile della compagnia: ha provocato il rigore inutile contro gli Usa, commesso svarioni da campetto parrocchiale contro gli egiziani, eppure è giovane, ha motivazioni. Si chiede Buffon con qualche ragione: «C'è di meglio in giro per il mondo della coppia Cannavaro-Chiellini?». La nostra risposta è no ma bisogna pure distinguere tra giudizio assoluto e giudizio riferito allo stato di forma.
Pensare che l'Italia possa risollevarsi accogliendo tra le sue braccia il figlio prodigo di Bari Antonio Cassano, è un altro clamoroso abbaglio. Non è un calciatore che può modificare la cifra tecnica e fisica di un gruppo che ha dovuto centellinare il ricambio generazionale anche per la presenza, in contemporanea con la Confederations Cup, del torneo Under 21. Impossibile saccheggiare la squadra di Casiraghi dopo avergli soffiato, sotto il naso, Santon. L'altro errore, commesso da Lippi, semmai è stato quello di non aver predisposto un diverso turnover. Lui ha pensato: prima mi qualifico, battendo l'Egitto, e poi mi diverto col Brasile. E invece no: avrebbe dovuto fare il contrario. Prima largo ai giovani contro l'Egitto e poi dentro la vecchia guardia col Brasile. L'esito della Champions (ultime due edizioni), aggiunto all'esibizione nell'europeo di un anno prima (eliminati ai quarti dalla Spagna ai rigori) e a queste prove della Nazionale in Sud Africa, devono far riflettere sulla qualità complessiva del nostro calcio. Gli africani vanno due volte tanto, e si capisce perché: arrivano a queste manifestazioni meno usurati dei nostri.
Abbiamo un gruppo logoro che non sa inventare calcio e i pochi che hanno benzina nel motore, Pepe, Iaquinta, non dispongono delle virtù indispensabili per marchiare a fuoco la differenza. Sarebbe bastato il vecchio Pippo Inzaghi per uccellare il portiere El Hadary. Per qualcuno, Luca Toni per fare un nome e un cognome, si intravedono i segni di un mesto e inevitabile tramonto.

«Possiamo battere il Brasile e la Spagna» ha detto Buffon per far sapere che i ragazzi di Duisburg non hanno ancora esaurito il loro corso. Possiamo e dobbiamo fidarci. Ma nel frattempo è indispensabile almeno preparare il cambio della guardia.

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