La casa «horror» sognata da De Benedetti

Lo stilista che ama il gotico: «Mi piace un arredo che si ispiri da un lato al vampiro Nosferatu e dall'altro a un centro sociale»

Antonello Mosca

Alessandro De Benedetti è un personaggio straordinario. Ha lo charme di una rockstar, disegna abiti dall'architettura sensuale, compone e canta. Ha lavorato a Parigi con Thierry Mucler, direttore creativo di Exté, ha in programma un grande progetto nel triennio 2006-2008 con un partner finanziario come la holding tessile Gentex. Le sue donne sono madame ironicamente raffinate, vestite di silhouette di costruzione sartoriale e di anatomie seducenti, una moda di grande fascino e raffinatezza.
La sua casa?
«È un tema che mi ha sempre "preso", e mi piace tenerla aggiornata, inserendo le cose belle che man mano vengono create. Il tenermi aggiornato sulle tendenze fa parte del mio lavoro e questo vale anche per quanto riguarda lo stile e il design».
C'è uno stile particolare cui lei ha fatto riferimento nell'arredarla?
«Le confesso che ho una passione precisa, e credo abbastanza insolita: il gotico francese».
Che il gotico facesse parte del suo mondo lo si comprende osservando le collezioni di moda cui mette mano, ma resta il fatto che si tratta di uno stile tutto particolare per una abitazione di oggi.
«Le dirò di più: l'arredamento della mia casa si ispira al castello di Nosferatu e nello stesso tempo ad un centro sociale».
Anche nella sua casa vive quindi quelle esperienze gotico-sensuali che compaiono negli abiti, e la mescolanza tra il castello di un vampiro ed un centro sociale lasciano stupefatti.
«Le posso allora dire che in alternativa al gotico amo anche lo stile art-déco, molto più alla mano e più facile da comprendere».
Con quali opere d'arte riesce a decorare spazi così impegnativi?
«Come lei può vedere ho molte stampe di Lucian Freud, poi fotografie di Matthew Barney e dei quadri del grande Edvard Munch, il norvegese famoso per il suo "Il grido", che amo particolarmente per una pittura drammaticamente visionaria e sempre pervasa da un senso tragico».
Il locale che ama di più?
«Mi piace rifugiarmi nella camera da letto, che altro non è che un soppalco, con sopra al pavimento una moquette peluche color fucsia e delle abat-jour accanto al letto in legno ricche di cristalli di rocca sfaccettati a mano».
E il suo soggiorno?
«Molto luminoso: un ambiente dove vive prevalentemente il disordine, con libri e CD sparsi un poco dovunque. E nel suo complesso piace agli ospiti perché ha ben poco di convenzionale e banale, caratterizzato poi da un'enorme tappeto giallo. È esattamente uguale a quello che compare nel film noir con Amilena Vikovic intitolato: La casa del Tappeto Giallo».
E la sua cucina?
«Amo molto cucinare e darmi da fare attorno ai fornelli, sperimentando nuovi piatti ispirati alla cucina tailandese e naturalmente amo anche la cucina della mia terra d'origine, Genova. Il pezzo d'arredo più significativo di questo ambiente è un frigorifero gigantesco, color argento, che mi ricorda il famoso teletrasporto sulla nave spaziale Enterprise».
I colori sono un elemento dominante nella sua casa.
«Ho scelto colori chiassosi per la camera da letto perché amo addormentarmi in una ambiente allegro, quelli freddi e futuristici per la zona della cucina, giallo, bordeaux e marrone per il soggiorno. E come materiali può vedere che prevalgono le pelli e i velluti in mille declinazioni».
I pezzi più significativi?
«Un tavolino in stile Arancia meccanica recuperato in un mercatino di Norimberga e un divano in pelle e satin rosso sangue, con applicate delle spine in plexiglass che ho disegnato per Dilmos».


La sua casa ideale esiste?
«Certo, ed è un antico appartamento a New York, proprio come quello di Catherine Deneuve e David Bowie nel film Miriam si sveglia a mezzanotte».

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