Casa Montecarlo, l'ambasciatore italiano rivela: "Il cognato di Fini? Mi usò pure per l’albergo"

Il diplomatico ricorda l’arroganza di Giancarlo Tulliani: "La prima cosa che mi disse è che era parente del presidente della Camera. Mi chiese aiuto per la cittadinanza, la ristrutturazione dell’appartamento, perfino per l’albergo. Si immagini come mi sono sentito..."

Casa Montecarlo, l'ambasciatore italiano rivela: 
"Il cognato di Fini? Mi usò pure per l’albergo"

Da due anni rappresenta gli italiani alla corte dorata dei Grimaldi, ma con Giancarlo Tulliani l’ambasciatore Franco Mistretta si è superato: «Tulliani - racconta al Giornale - mi chiese perfino un albergo in cui andare perché quello in cui aveva soggiornato in precedenza non era di suo gradimento. E lei può capire come mi sia sentito per quella richiesta e altre di questo tenore».

Mistretta, come ogni diplomatico che si rispetti, è un gran signore: dunque non esplicita quel che lascia perfettamente intendere, soprattutto lo stupefacente capitolo delle visite del «signor cognato». Risponde con telegrafica cortesia alle nostre domande e il suo imbarazzo è facilmente comprensibile: non dev’essere stato il massimo trasformarsi in un «ambasciatore prêt-à-porter», gettare alle ortiche le complesse strategie dell’arte diplomatica e doversi occupare dei mobili e delle beghe domestiche del signor Tulliani. Ma così va il mondo, anche nella dorata Monaco.

Ambasciatore, quando ha incontrato Tulliani?
«All’inizio del 2009».

Come mai?
«È venuto in ufficio».

E lei, l’ha ricevuto?
«Noi diamo assistenza ai nostri connazionali».

Noi o lei?
«In quel caso l’ho data io».

Che genere di assistenza?
«Guardi, doveva essere il marzo del 2009. Lui mi disse che voleva prendere la residenza a Monaco, voleva trasferirsi da noi. Gli spiegai l’iter. Conversando, mi fece intendere di avere o di voler aprire un’attività immobiliare. Anzi, parlò di Real estate. Mi chiese qualche consiglio, qualche informazione».

Lei lo aiutò?
«Lo ascoltai, cercai di dargli qualche dritta, di rispondere ai suoi quesiti».

Poi?
«Tornò da me. Adesso le date non me le ricordo, comunque mi parlò di una casa da ristrutturare. Io gli suggerii i nomi di due o tre società che effettuano lavori di ristrutturazione a Montecarlo».

Società italiane o monegasche?
«Società italiane e monegasche. Le principali, quelle più note che operano qui da noi a Montecarlo».

Non le pare un po’ troppo?
«Unusual direi. Comunque, gli ho dato questi nomi».

E finalmente se n’è liberato una volta per tutte?
«No, mi ha telefonato un’altra volta. O è venuto ancora, non ricordo bene».

Questa volta che cosa voleva?
«Voleva il nome di una banca affidabile, poi cercava un albergo adeguato perché si era trovato male nell’hotel in cui era stato. Giudichi lei come mi sono sentito».

Scusi, se io le telefono o la scomodo per sapere dove andare a mangiare o a fare shopping a Monaco, lei perde tempo con me?
«Le ho già detto. Giudichi lei come mi sono sentito».

Lei rappresenta l’Italia, non è un piazzista, non si è sentito svilito, umiliato nel suo ruolo così importante e prestigioso?
(
Silenzio). Ambasciatore?
«Lei tragga pure il suo giudizio».

No, quello spetta ai lettori. Io riparto dall’inizio.
«Io dovrei salutarla».

È stato così cortese, lo sia ancora: lei riceve tutti quelli che bussano alla sua porta?
«Cerchiamo di aiutare tutti i nostri connazionali».

A proposito, quanti sono gli italiani di Monaco?
«Ottomila. Ottomila persone che convivono con 8.500 monegaschi e 9.500 francesi. La comunità italiana è dinamica, in crescita, molto attiva; ci sono persone di tutte le fasce sociali e ben 1.200 giovani».

Quotidianamente quanta gente arriva in ambasciata?
«A turno arrivano tutti. Per un motivo o per l’altro, anche solo per rinnovare il documento d’identità. Abbiamo tantissimo lavoro, la struttura ha solo dieci persone. Pochissime».

A lei è toccato Tulliani. Mettiamola così: sapeva chi aveva davanti?
«Certo, lui mi disse che era il fratello della Tulliani o il cognato di Fini, non ricordo bene».

Sfumature. Comunque lei sapeva con chi aveva a che fare.
«Certo, fu la prima cosa che mi disse».

Lei incontrò anche la sorella, Elisabetta?
«No, mi pare che lui le telefonò in mia presenza, forse all’inizio, ma non l’ho mai vista di persona».

Insomma, come andarono gli affari del signor Tulliani?
«Io non è che potessi occuparmi di queste questioni spicciole».

Così lo liquidò?
«No, lo affidai alla mia vice, Orietta Palazzola, una persona bravissima che oggi è rientrata a Roma».

Insomma, l’ambasciata al gran completo ha lavorato per Giancarlo Tulliani?
«Siamo stati cortesi».

Della ristrutturazione ha saputo più nulla?
«Nulla di nulla. Ho letto sul Giornale che è stata effettuata dalla Tecab di Stefano Garzelli. Io conosco bene il padre che lavora qui nel Principato nello stesso settore».

Con la Ingeco.
«Non sapevo nemmeno l’indirizzo dell’appartamento. L’ho letto sempre sul Giornale».

Tulliani ha avuto la cittadinanza?
«Penso proprio di sì. Se abita a Montecarlo avrà avuto la cittadinanza».

L’ha più sentito?
«Assolutamente no».

E il Presidente della Camera l’ha mai contattata?
«No».

Fini è mai venuto a Montecarlo?
«Istituzionalmente no».

E privatamente?
«Non lo so. Come faccio a saperlo... Con me non ha mai parlato da quando sono a Montecarlo».

Non le ha mai telefonato?
«No. Mai sentito».

Ma lei lo conosce?
«Sì».

Istituzionalmente o al di fuori dell’etichetta?
«Istituzionalmente. Mi ha ricevuto quando era ministro degli Esteri. Forse nel 2004 o nel 2005».

Poi lei

ha contraccambiato col cognato. Si sarà fatto un’idea del personaggio.
«Tulliani era un tipo un po’ così».

Un po’ così come?
«Un po’ così. E adesso la saluto per davvero. Arrivederci».

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