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Una cascata di verdoni per reinventare Huawei

La maxi sfida per il nuovo sistema operativo: «Il futuro è nell'ecosistema. E l'Italia è al centro»

Marco Lombardo

Dieci milioni di dollari. Che, come diceva qualcuno, non sono bruscolini.

Ci sono diversi modi di reagire alle intemperie: sedersi e farsi inondare dalla tempesta mischiando le lacrime alla pioggia, oppure rialzarsi e arrivare comunque alla meta. Con fatica, con più tempo, prendendo strade nuove. Ecco: i 10 milioni di dollari che Huawei mette in campo in Italia per il suo nuovo sistema operativo, fanno capire quale sia la soluzione scelta dall'azienda cinese. Dal 20 maggio, da quando Donald Trump ha messo il brand nella lista delle minacce alla nazione, la strada è in salita. Eppure: «Non ci dovevamo sedere, non ci potevamo sedere. E fin qui le quote di mercato ci hanno dato ragione. Abbiamo reagito come dovrebbero fare le aziende nei momenti di difficoltà». Pier Giorgio Furcas, vice General Manager di Huawei Italia, mostra con orgoglio l'assegnone mostrato agli sviluppatori convocati al primo Developer Day: «Dalle reazioni che abbiamo avuto, ormai possiamo chiamarli amici».

Il piano è questo: elaborare strumenti per facilitare lo sviluppo di soluzioni software avanzate e, al contempo, promuovere l'integrazione dei servizi nello Huawei Mobile Service, il sistema operativo proprietario che vuole superare la dipendenza da Google. Con un piano di partnership che prevede visibilità e tre livelli di collaborazione: Silver, Gold, Platinum.

Una vera sfida.

«lo chiamerei progetto. Importante. E la somma è il giusto investimento per lo sforzo che siamo chiedendo agli sviluppatori».

Dal 20 maggio insomma è cambiato tutto.

«Prima di tutto vorrei precisare che il progetto HMS era già partito da diverso tempo. Non dipende quindi dallo scontro commerciale con gli Usa».

Però adesso assume un aspetto diverso.

«Assume maggiore rilevanza. Ma la verità è che per noi il futuro è l'ecosistema. E per vincere questa sfida dobbiamo usare le nostre forze».

Qual è l'obbiettivo?

«La necessità è che i nostri dispositivi possano dialogare tra loro, ma anche con il mondo esterno. E questo appunto grazie alle app che verranno create».

Domanda inevitabile: riguardo alla privacy?

«Il sistema nasce in Cina, ma tutto è fatto nel rispetto rigoroso delle norme. Che in Europa, grazie al Gdpr, garantiscono sicurezza».

Quali sono le vostre prospettive?

«Siamo estremamente convinti che in Italia possiamo arrivare a un livello avanzato di performance della nostra piattaforma digitale. Ma soprattutto che tutto funzioni».

Come?

«Il mio desiderio è arrivare a rendere fruibili tutti i servizi producendo, se necessario, delle varianti rispetto alla concorrenza. Perché, come detto, non c'è solo lo smartphone nel nostro mondo. Ma tutto l'ecosistema: il 5G, le infrastrutture, i servizi. Tutto al servizio delle persone».

Qualcuno dice: un terzo sistema operativo ha già fallito.

«La potenza che ha espresso la nostra aziende a livello mondiale, fa pensare che con nuove tecnologie, processori e telefoni abbiamo le armi e lo spirito per farcela».

Nel 2020, quindi?

«Continueremo a lavorare. E posso garantire che tutto ciò che arriverò sarà perfettamente pronto per essere al servizio dei consumatori.

I nostri clienti possono stare tranquilli».

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