Economia

Le case che costano come un caffè

I Comuni le vendono in saldo. Obiettivo: evitare che interi paesi spariscano

Le case che costano come un caffè

da Montieri (Grosseto)

La strada è circondata dal bosco. Una fitta distesa di castagneti abbraccia l'asfalto. Si sale lentamente in questo frammento d'Italia che non è Grosseto e non è Siena, una Maremma montana vicina a niente, ma nemmeno sperduta, equidistante dal turismo da spiaggia e dalle grandi città d'arte, da Follonica e da piazza del Campo, e che come tutti i luoghi meno raggiunti dalle mode abitative conserva un'integrità selvatica e profumata. Montieri, Comune toscano dove praticamente tutte le famiglie hanno un parente che ha lavorato all'Enel o in miniera, è il paese dove comprare casa può costare come un caffè: un euro. Lo slogan è partito in silenzio da questo borgo medievale di 1.300 anime sparpagliate in quattro frazioni, una densità da eremita, 11 abitanti per chilometro quadrato, un paese lontano anche da se stesso, antichissimo castello minerario e sede dell'unica chiesa esapetala d'Italia, sei absidi dell'anno mille affiorate da uno scavo come un fiore, in cui è stato custodito per secoli un antico gioiello rarissimo, pochi esemplari al mondo, la Fibula, di oro e ametista. Il Comune ha censito oltre una trentina di proprietà semi abbandonate, prima abitate soltanto nei fine settimana, poi lasciate andare in rovina, e spesso divise fra venti proprietari.

I palazzi raccontano di un paese potente nell'epoca medievale e via via svuotato di lavoro e abitanti nel ventesimo secolo con la chiusura della miniera di pirite, un tempo anima economica di questo luogo. Alcune case sono quindi di impianto millenario, e a stento si può risalire ai proprietari in lunghe ricerche d'archivio. Impossibile spesso riscuotere le tasse. Il passaparola, qualche articolo sulla stampa locale e le richieste di potenziali acquirenti di «due case a 1 euro» si sono impennate a duecento, con domande anche dall'estero. L'ultima quella di una cooperativa di pittori di Monaco di Baviera, che nel paese delle case in svendita, vuole impiantare un atelier. È l'esempio di un'Italia di storie, leggende, tesori, che possono essere riportati alla luce attraverso semplici stratagemmi. Perché di Montieri ne esistono centinaia. Comuni che non possono tornare a rivivere di soli profughi: nella frazione più piccola del piccolo borgo toscano, Gerfalco, ce ne sono 25 per 100 abitanti. Ma se i centri non si ripopolano, anche l'accoglienza può diventare un ghetto.

RICOSTRUIRE PER RIPOPOLARE

L'accordo delle case a un euro è questo: chi compra si impegna a ristrutturare e il Comune si pone come tramite nella compravendita. Fino ad ora sono state chiuse sei trattative: non tutte a un euro, quella è una cifra simbolica, certo, ma portarsi via cento metri quadrati con 5mila euro a Montieri è facile come un'ordinazione al bar. Visto il successo, gli acquirenti potrebbero rischiare di diventare quasi più numerosi delle case. Perché l'iniziativa di ripopolare un paese che ha perso abitanti come un'emorragia ha incontrato un sempre più diffuso bisogno di molti abitanti metropolitani di trovare un angulum privato e protetto. Al volante sulla strada silenziosa di castagni e querce c'è il sindaco Nicola Verruzzi, trentuno anni.

Anche lui è equidistante, né vicino né lontano, come il paese che governa: alla guida dal 2014 di due assessori e quindici dipendenti comunali, è formalmente iscritto al Pd, ma in realtà è esponente di una lista civica «Il futuro è ora» allergica agli apparati di partito. Avvocato «pentito», e «troppo idealista» per pensare a una carriera politica in zone più appariscenti della Toscana, il sogno di fare lo scrittore, ha deciso di rimanere a Montieri e di combattere la tentazione dei giovani di andare via. A Boccheggiano, la prima delle frazioni di Montieri che si incontra arrivando da Grosseto, un enorme palazzo dei primi del novecento è circondato da transenne per tenere lontani i pedoni. Un migliaio di metri quadrati frazionati tra 38 proprietari fantasma: «I proprietari che abbandonano le case le lasciano in un degrado che è un'offesa per il decoro urbano e anche un pericolo - spiega il sindaco -. Oltre al ripopolamento del borgo, puntiamo a una riqualificazione degli edifici pericolanti». L'idea della vendita delle case a prezzi stracciati è partita proprio dalla frazione di Boccheggiano, dove i cittadini hanno iniziato a fotografare i palazzi abbandonati e hanno spedito gli scatti uno a uno a tutti i proprietari scomparsi, cercando nomi, cognomi, e residenze, negli archivi del Comune.

Nella petizione invitano i proprietari invisibili a vendere le proprie case a un costo simbolico o a mettere mano alle proprie abitazioni «cercando di far capire il disagio che questa incuria provoca in che ci vive», racconta Andrea Montomoli, titolare di un panificio di Boccheggiano che sta trainando l'affare della farina di castagne. Il Comune sta quindi allo stesso modo inviando una serie di lettere, in cui si chiede ai proprietari la ristrutturazione o la vendita. L'amministrazione può intervenire con un vero e proprio aut aut solo in caso di edificio pericolante. «Non abbiamo strumenti per obbligare un proprietario di casa e vendere l'immobile cadente - spiega il sindaco di Montieri -. Ma stiamo avviando delle richieste di risarcimento per alcuni palazzi che abbiamo messo in sicurezza a nostre spese».

DALLA SICILIA IN SU

In un caso un proprietario sta vendendo a titolo gratuito otto appartamenti per circa 400 metri quadrati a patto che gliene venga riservato uno. «Sono perlopiù case - spiega l'unico architetto del paese, Paolo Cialli - che si ristrutturano con 20-30mila euro». Anche l'architetto ne ha comprata una, ma non a un euro: 15mila per 60 metri quadrati. Non deve abbattere e ricostruire ma creare un bagno: «Molte case del dopoguerra qui non avevano un servizio privato ed erano infatti accatastate come abitazioni A5».

Non è la prima volta in Italia. Sembra essere una tendenza ormai sempre più frequente quella dei Comuni spopolati, spesso di frontiera, incastonati tra province o regioni, in quelle terre di mezzo distanti e mai abusate dall'uomo, di proporre case in cambio di ristrutturazioni e di «presenza». Il primo fu Salemi, e la paternità dell'idea fu di Vittorio Sgarbi, ma in quel caso molte case erano davvero sul punto di crollare e furono sequestrate dalla procura. Poi Gangi, in provincia di Palermo, proclamato borgo dei borghi 2014: sull'homepage del sito internet si trova subito l'avviso pubblico «per l'assegnazione di immobili vetusti devoluti gratuitamente dai proprietari per finalità turistico ricettive o abitative». Infine Carrega Ligure (Alessandria) e Lecce nei Marsi (L'Aquila), in pista nella vendita delle case a pochi euro. Ma sono molti più numerosi i comuni che stanno prendendo informazioni.

Tutti rischiano di rimpicciolirsi, addirittura di scomparire, e vogliono offrire patrimoni immobiliari come regali. A Montieri non si vendono al costo di un sacchetto di patatine solo le case. Fino alla metà degli anni '90 è stata operativa la più grande miniera di pirite d'Europa. «Dal babbo ai figlioli - racconta Montomoli del forno di Boccheggiano - dal sorvegliante all'estrattore tutti lavoravano in miniera». Questa è un'Italia metallifera scavata e dismessa. Terminate le estrazioni, come in molte aree del Paese dove sono state chiuse cave e miniere, le famiglie hanno spinto i giovani a cercare lavoro altrove. Adesso però il progetto è quello di vendere anche i capannoni della pirite.

IL TESORO NELLE CASTAGNE

Il Comune ha messo in sicurezza alcune strutture e dieci giorni fa sono stati aperti i cancelli dell'ex area mineraria di Campiano, dodicimila metri quadrati di capannoni inutilizzati da più di vent'anni. Prima si era tentata una vendita in blocco, ora si sta procedendo con un sistema di frazionamento, con cessioni singole a cifre sempre più che simboliche, e stanno arrivando le domande dei primi imprenditori interessati. Un capannone di duemila metri quadrati è già in cessione. Case semigratuite e risorse del territorio sono le chiavi per far ripartire una terra abbandonata. Da dodici anni il panificio di Boccheggiano ha scelto la farina di castagne. «Abbiamo iniziato a recuperare dei castagneti abbandonati - racconta Montomoli - e si è ristrutturato un essiccatore tradizionale. Dalle castagne ricaviamo farina per pane, dolci e biscotti, ora c'è molto interesse perché si tratta di prodotti specifici per i celiaci». Dopo la chiusura della miniera sono stati aperti i primi pozzi boraciferi. Travale è la frazione più industriale, con l'impianto Enel che sfrutta proprio i gas che covano nel sottosuolo per la produzione di energia. Finora sono nate solo due imprese, entrambe florovivaistiche, ma Montieri è diventato un paese interamente geotermico attraverso un progetto cofinanziato con fondi regionali ed europei per edifici pubblici e privati.

Ecco perché chi acquista a niente e ristruttura con poco può accedere anche alle «agevolazioni per miglioramento energetico», oltre che, caso davvero unico tra i borghi della zona, racconta l'architetto Cialli, di contributi per il rifacimento delle facciate.Emanuela Fontana

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