da Roma
Il Grande Centro voleva essere lui, farlo lui. Ma adesso Pier Ferdinando Casini trova lo spazio occupato dai transfughi della Rosa Bianca che trattano sì per un’intesa, ma facendogli pesare che è arrivato in seconda battuta, dopo il fallimento dell’accordo con il Pdl. «Lavoro per unire tutti, senza compromessi, pasticci e pateracchi», spiega il leader Udc, facendo innervosire gli altri. Ed esponenti del suo partito, come Angelo Sanza, danno l’intesa per fatta.
Dall’altro lato, Mario Baccini, Savino Pezzotta e Bruno Tabacci frenano, precisando che tutti, non solo lui, stanno lavorando per creare l’alternativa moderata al bipartitismo e che ancora «nulla è stato deciso». Dell’accordo con l’Udc e della Costituente di centro si discuterà oggi e domani nell’assemblea di Montecatini Terme. «Ci stiamo annusando - dice Pezzotta -. È chiaro che anche noi guardiamo con interesse a una possibile convergenza, però ci deve essere pari dignità». La stretta finale, se non nel weekend, dovrebbe arrivare la prossima settimana. Ci sarebbe una lista unica, con Casini candidato a Palazzo Chigi, ma per rinunciare alla premiership già promessa a Tabacci i tre della Rosa Bianca pretendono un posto per ognuno da capolista, al nord, al centro e al sud. La scheda avrebbe il nome di Casini e il simbolo dello scudocrociato senza la scritta Udc. Potrebbe chiamarsi Centro popolare. A Silvio Berlusconi, che lo accusa di aver usato la scusa del simbolo per non entrare nel Pdl, il leader Udc lancia la sfida di un dibattito in tv: «Non guardi la politica dal buco della serratura e non si attardi in chiacchiericci. Capisco che il centro dà fastidio, ma l’Udc il suo simbolo non lo lascia per nessuno. Lui pretende dagli alleati un servilismo che sono orgoglioso di non aver mai avuto».
L’avvicinamento tra Casini e Rosa Bianca piacerebbe ai vescovi e sarebbe stato favorito da Ciriaco De Mita, legato a Tabacci. Ora il vecchio leone di Nusco entrerebbe nella nuova formazione centrista come capolista in Campania, probabilmente al Senato. Mentre non sarebbe gradito Clemente Mastella: troppo squalificato al momento. Ma il leader dell’Udeur lancia segnali di disponibilità: «C’è una grande opportunità al centro, se non viene colta, avranno ragione i due mastodonti. Io sono pronto a correre da solo».
De Mita, escluso dalle liste del Pd da uno sprezzante Walter Veltroni (anche se Piero Fassino gli lancia un ultimo appello perché resti nel partito), è rinvigorito dalla corte dei centristi dopo lo smacco subito. «Rifarò la Democrazia cristiana - dice -, un movimento di opinione, non l’insieme dei democristiani, per il recupero della più grande cultura democratica nella storia politica del nostro Paese». Sa che il suo peso specifico dipende molto dal pacchetto di voti che gli viene attribuito, circa 60mila e in una regione dove possono contare molto per spostare l’equilibrio a sfavore del Pd. Gli altri pacchetti pesanti sono di Baccini e Salvatore Cuffaro. Così, il Centro potrebbe arrivare al 4 per cento, secondo previsioni più ottimistiche sfiorare il doppio. Per un’indagine Swg il Pdl sarebbe passato, dopo il no dell’Udc, da un 39 per cento al 36-37, mentre il partito di Casini sarebbe salito dal 5,5 al 6,5. Sarà vero? Le elezioni di aprile sono ancora lontane, ma Pezzotta sostiene che Pd e Pdl hanno portato il Paese alla crisi e che, a questo punto, il «voto utile» è quello per qualcosa di nuovo equidistante dai due poli, una forza laica che s’ispira ai valori cattolici.
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