Casini e la «terza via» dell’Udc

Casini e la «terza via» dell’Udc

Gianni Baget Bozzo

Forse il merito maggiore dell’ennesima analisi critica dell’Economist sul governo Berlusconi ha avuto il vantaggio di far notare cose che non si dicono abitualmente. Cioè le difficoltà obbiettive del sistema Italia, indipendentemente dal governo Berlusconi. Non è un caso che la rivista non dia la sua benedizione nemmeno alla linea di centrosinistra, verso cui sono andate a lungo le sue preferenze. La rivista inglese si rende conto che i mali d’Italia vengono ben prima del governo Berlusconi e che sono imputabili a quelle forze di centro e di sinistra che ora si raccolgono nell’Ulivo e nell’Unione. Ne è espressione massima il secondo o terzo maggior debito pubblico del mondo che mostra quella crescita dello Stato a spese della società che è caratteristica del potere democristiano della sinistra fino agli anni della grande crisi della Democrazia cristiana. Un partito sparito senza lasciare traccia della cultura politica del paese.
Tutta la stampa, e perfino il presidente Cossiga, ha rimproverato Berlusconi per essersi appropriato di don Sturzo. E certo Forza Italia differisce dal Partito popolare quanto gli anni 2000 differiscono dagli anni ’20. Ma l’ispirazione di rivendicare il primato della società civile rispetto allo Stato è divenuta forma politica, e non opera di minoranze proprio nell’opera e nel pensiero di due persone così profondamente diverse. I limiti del sistema Italia nascono appunto dal principio che dominò gli anni democristiani e comunisti della nostra Repubblica: l’uso della spesa pubblica come mezzo per acquistare il consenso. E proprio questo ha creato il problema del Mezzogiorno, trasformandolo in una società con problemi postindustriali senza aver mai conosciuto una vera industrializzazione, distraendolo dalle capacità turistiche ed agricole della sua vocazione economica.
Certamente la Dc è stata una cosa diversa da don Sturzo, ma mi domando se i democristiani che, con Pierferdinando Casini, sceglievano Berlusconi nel ’94 e il governo Berlusconi nel 2001, non sentivano così di riprendere la vocazione originaria del partito di Sturzo. Non a caso don Sturzo fu sottoposto, durante il suo periodo di ritorno dall’esilio, alla avversità costante di quegli avversari che sono gli stessi che si oppongono ora al tentativo di Berlusconi di liberare la società italiana dalla egemonia politica della sinistra. È democratico cristiano differenziarsi più da Berlusconi che da Romano Prodi come sembra accadere oggi nell’Udc, nonostante le dichiarazioni di voler battere il candidato del centrosinistra?
Indebolire Berlusconi è stata l’azione propria di Marco Follini durante la sua gestione del partito: spero non sia intenzione di Casini usare le primarie elettorali come arma contro Berlusconi piuttosto che contro Prodi. Non esiste una terza via tra quella espressa dal centrodestra e quella di una coalizione che non ha altro programma che quello di convertire la sua egemonia in dominio. Se il governo d’Italia passasse, dopo quello delle regioni e delle province, della società e della cultura, in mano ai Ds, sarebbe assicurato in Italia un regime, nato di fatto dalla completa applicazione del gramscismo: la conquista del dominio attraverso l’egemonia, che fu la via italiana del Pci, molto diversa da quella sovietica.

Definire l’Udc come alternativa a Berlusconi o come alternativa a Prodi è ora nelle mani di Pierferdinando Casini. Io non credo che la Chiesa di Roma gli sarà grata se avrà contribuito a rendere legale la conquista postcomunista del potere.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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