Caso-Cucchi, l’inchiesta interna scagiona le guardie

Non c’è nessuna responsabilità da parte della polizia penitenziaria sulla morte di Stefano Cucchi. È il risultato, al momento, dell’inchiesta amministrativa avviata dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sulla vicenda di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni morto in ospedale il 22 ottobre scorso, sei giorni dopo l’arresto per possesso di droga, a Roma. Una morta su cui pende l’ipotesi di un pestaggio da parte delle guardie carcerarie e una successiva trascuratezza da parte dei medici del Pertini. Una conclusione che lascia incredulo l’avvocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo: «Questa tragedia ha preso dei toni grotteschi. Mica Stefano Cucchi sarà morto in sei giorni di vecchiaia?». Ma gli accertamenti amministrativi del Dap di fatto non cambiano per ora il quadro indiziario a carico dei tre agenti accusati di omicidio preterintenzionale.
Ad annunciare il risultato dell’inchiesta che «assolve» gli agenti penitenziari è stato lo stesso capo del Dap Franco Ionta che spiega: «Gli esiti sono stati trasmessi al procuratore della Repubblica di Roma». L’esito dell’inchiesta del Dap è una notizia «importante e confortante» per il Sindacato autonomo della polizia penitenziaria (Sappe). L’organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) si dice fiduciosa che la Procura concluda l’inchiesta «con esiti altrettanto favorevoli per l’intera categoria». Chiedono ancora una volta la verità su quanto accaduto a Cucchi il presidente dell’associazione “A Buon Diritto” Luigi Manconi e Rita Bernardini, deputata Radicale-Pd.
Ieri è stato ascoltato il detenuto arabo che ha detto di non aver scritto lui la lettera che raccontava che Cucchi avrebbe detto di essere stato picchiato dai carabinieri. È prevista per la prossima settimana, invece, l’audizione del primo medico che visitò Cucchi nel carcere di Regina Coeli, una settimana dopo il suo arresto. La prossima settimana, inoltre, potrebbe già essere ascoltato il professor Vincenzo Pascali, consulente indicato dalla commissione per gli esami autoptici sul cadavere di Cucchi, disposti dalla Procura di Roma.
Infine una buona notizia per i familiari dei detenuti ricoverati nella struttura protetta dell’ospedale romano Sandro Pertini, che d’ora in avanti potranno parlare con i medici. A stabilirlo, infatti, un ordine di servizio del Dap, diramato dall’amministrazione penitenziaria il 27 novembre scorso e reso noto oggi dal presidente della commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario Ignazio Marino. «Mi sembra un grande passo avanti per il futuro. Mi auguro - dice Ilaria, sorella di Stefano - che nessuna famiglia debba passare più quello che abbiamo passato noi». E a proposito dei detenuti ricoverati nelle sezioni ospedaliere di medicina protetta Ionta assicura: «Provvederò a rivedere il protocollo che declina le modalità di gestione».


Intanto ieri è emersa la vicenda di un detenuto, di 56 anni, del carcere romano di Regina Coeli che da cinque mesi, come ha spiegato il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, attende che uno degli 11 ospedali di Roma, ai quali la direzione sanitaria del carcere si è rivolta, lo operino per asportare un probabile papilloma vescicale.

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