Picchiato selvaggiamente dagli agenti mentre si trovava nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma in attesa del processo e curato in maniera non adeguata dai medici. Questi secondo la Procura di Roma sono i motivi che hanno provocato la morte di Stefano Cucchi, il geometra di 31 anni arrestato il 16 ottobre scorso dai carabinieri per spaccio di stupefacenti e deceduto sei giorni dopo nel reparto detenuti dellospedale Sandro Pertini. I pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio per gli agenti della polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, i medici Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Stefania Corbi, Luigi Preite De Marchis e Rosita Caponetti, gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe e il dirigente del Prap Claudio Marchiandi, lasciando invariato quanto già avevano ipotizzato nellavviso di fine indagine e cioè che Cucchi sia stato abbandonato a se stesso, tanto che il suo decesso fu certificato falsamente come morte naturale. Ora la parola passa al gup Rosalba Liso.
Stando al capo di imputazione, i tre agenti devono rispondere di concorso in lesioni colpose per aver spinto e preso a calci Cucchi, ferendolo in più punti. Ma per i Pm non fu il pestaggio a causare la morte del ragazzo ma le omissioni di chi avrebbe dovuto prendersi cura del detenuto. Tra laltro Marchiandi, dirigente del provveditorato regionale dellAmministrazione penitenziaria sarebbe intervenuto, con la Caponetti, per far ricoverare Cucchi al Pertini, riportando nella cartella clinica dati falsi rispetto alle reali condizioni di salute rilevate dai medici di Regina Coeli e del Fatebenefratelli. Dal 18 al 22 ottobre il geometra venne trascurato dal personale medico e paramedico, che non avrebbe adottato i più elementari presidi terapeutici e di assistenza idonei a evitare il decesso del giovane. Sarebbe addirittura bastato un cucchiaino di zucchero per salvarlo. Tra laltro, secondo i magistrati, chi era in servizio al Pertini si è limitato a prendere atto del rifiuto di Cucchi di sottoporsi a esami, motivato dalla volontà di parlare con il proprio avvocato.
Tra le altre omissioni, il mancato trasferimento del paziente con urgenza in un reparto più idoneo quando le condizioni di salute erano diventate critiche. Fu poi il medico Bruno, in servizio al Pertini il 22 ottobre, a scrivere il certificato di decesso «attestando falsamente che si trattava di morte naturale». Quindi secondo la Procura i nove, tra medici e paramedici e il funzionario del Prap potrebbero essere chiamati a rispondere di omissione di referto e di concorso in favoreggiamento per aver aiutato i tre agenti a eludere le investigazioni dellautorità giudiziaria, omettendo di trasferire o richiedere il trasferimento in reparto idoneo del paziente in condizioni critiche.
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