Non siamo la mafia, dice offeso James Murdoch. Ma la frase che non esclude la chiusura del Sun, il quotidiano più venduto di tutta Gran Bretagna, se dovessero emergere nuove prove di comportamenti illeciti e intercettazioni illegali, suona come una minaccia in stile Padrino. Un avvertimento agli insider che volessero diffondere nuove rivelazioni sullaltro tabloid di famiglia, notizie che potrebbero far cadere un secondo pilastro dellimpero e mandare a casa - e in rovina - centinaia di giornalisti dopo quelli travolti dallo scandalo del News of the World.
Seduto ieri di fronte alla Commissione della Camera dei Comuni, seconda volta sulla graticola in pochi mesi - questa senza il fardello del papà potente ma anche un po sordo e titubante - lerede designato del magnate Rupert, il «ribelle» che papà ha scelto per guidare limpero dopo le defezioni degli altri due figli di secondo letto, Lachlan ed Elisabeth, ieri si è giocato il futuro in azienda di fronte ai mastini di Westminster. Sciolto, sicuro di sé senza ostentare presunzione - in puro stile British ma con il solito accento americano - Murdoch junior ha negato ancora e sempre di essere a conoscenza di un sistema diffuso e pervasivo di intercettazioni illegali nel domenicale. Ecco perché il laburista Tom Watson lo ha paragonato al «primo boss della mafia nella storia che non sapeva di gestire unimpresa criminale». Gli era stato riferito della «Neville e-mail» che proverebbe la dimensione degli hackeraggi - si è difeso James - ma quella lettera non gli è mai stata mostrata direttamente. Anzi. Il presidente di News Corp Europa ha girato la frittata puntando il dito sui suoi due principali detrattori, lex direttore del Sun, Colin Myler e il legale del domenicale Tom Crone, che avrebbero fornito «testimonianze ingannevoli» quando lo hanno accusato di essere a conoscenza delle pratiche illegali già dal 2008 e non soltanto dal 2010.
Ma è la questione Sun che ingrossa laffare. E sulla quale si gioca il destino dei Murdoch.
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