Politica

IL CASO SGARBI

Caro Direttore,
per i miei gusti è stato bellissimo leggere sulla prima pagina del Giornale di ieri, due dibattiti etico-politici (non la solita, stretta, asfittica manfrina politica tout court). A questo dibattito etico-politico su come ripensare e riformare la Destra ho dedicato gli ultimi anni della mia vita, e se è capitato che Vincenzo Mantovano abbia decretato che «questo compito a Guerri nessuno gliel’ha affidato», è però vero che a Destra qualcosa sta cambiando: non sono piovuti dal cielo i tre sì di Fini al referendum sull’inseminazione artificiale.
La polemica di Socci contro Feltri (e viceversa) a suon di don Giussani e di luoghi comuni religiosi e irreligiosi, merita un discorso a sé, e lo faremo dopo le prossime, inevitabili puntate. Di gran lunga più interessante è la vicenda di Vittorio Sgarbi, del quale dico subito che in Italia - a Destra, a Sinistra e al Centro - ci vorrebbero dieci, cento, mille Sgarbi. La sua intelligenza, le sue conoscenze specifiche, la sua capacità di guardare oltre gli schermi e di rompere le convenzioni sono il sale che manca a tanta politica italiana, sì da rendere più che perdonabili l’egocentrismo, l’intemperanza, l’andare sopra e sotto le righe di Vittorio. Con tutto il suo «fare casino» e giocare spesso fuori squadra, male ha fatto la Destra a emarginarlo progressivamente fin quasi all’annichilimento.
Sgarbi - si offenda quanto vuole, se vuole, ma non è nei miei scopi - è come Curzio Malaparte, i cui frequenti e improvvisi cambi di casacca non erano dovuti solo, come si crede in genere, a puro opportunismo, ma a una eccezionale considerazione di sé e delle proprie opere. Tanto che era pronto a passare dall’una all’altra parte purché gli si lasciasse la sua bella vita e quindi le possibilità di creare e diffondere bellezza e idee, di sentirsi così pienamente uomo. La differenza è che Sgarbi si propone ora per la sinistra e contro la destra non solo in quanto intellettuale e creatore di idee, ma come politico che vuole seggi e cariche. La Destra - e questo è uno dei suoi mali, da curare a tutti i costi - non ama i solisti extrapartito, preferisce la mediocrità fedele e sicura, tanto che ogni uomo d’intelletto vi si sente spesso inascoltato e in sospetto. Ma cosa gli succederà a sinistra? Berlusconi stesso tolse la trasmissione a Sgarbi? A me la tolse (una trasmissione colta e semplice, di successo, come si vuole e come occorre) la Rai di Enzo Siciliano, che più di sinistra non si poteva. Brutta faccenda, ma peggio ancora è che la Destra non me l’abbia restituita, preferendo sempre la televisione piatta, priva di idee e di stimoli che ha prodotto, produce e continuerà a produrre. Mi era stato affidato un quotidiano politico come L’Indipendente (luogo di analisi, critiche e dibattiti sulla Destra) per togliermelo dopo dieci mesi, non credo per volontà dell’editore, e farne un «organo conservatore».
E allora? Mi rosica (si dice a Roma), mi ruga (si dice a Milano), ma anche se la mia massima voglia è fare, non per questo passerei a Sinistra, per poi dovere convivere con idee, valori e posizioni di base che non condivido: l’egualitarismo, il buonismo, l’europeismo a priori, la linea morbida con un indistinto mondo musulmano. Mi si lascerebbe parlare a piacimento, più che a Destra, perché lì si è abituati al dibattito, ma escludo che mi si lascerebbe fare nell’ambito dei cambiamenti delle idee e dei modi di vivere di cui mi occupo di preferenza. A Destra ho più speranze, anche se più insoddisfazioni.
È il solito, eterno problema del compromesso, tormento di ogni individuo che abbia responsabilità e senso della responsabilità. Fino a dove ci si può spingere nell’accettazione di idee che non condividi per ottenere le cose in cui credi? Sgarbi è convinto che, grazie al suo compromesso (di certo non indolore), potrà ricominciare a operare bene per i musei, le piazze e le bellezze d’Italia. Glielo auguro per tutti noi, ma, come Guzzanti, non ci credo. Lo si lascerà parlare di più, senza magari rimproverargli le parolacce, ma lo si lascerà lavorare anche meno. Sgarbi si dovrà pentire di nuovo, e propongo fin da ora di riaccoglierlo a braccia aperte, senza recriminazioni. Credo alla sua buona fede.
Altrettanto in buona fede continuerò a picconare la Destra dalla mia destra per eliminarne rozzezze e idee ricevute, partitismo e vuoti di cultura, debolezze e prudenze eccessive.

Almeno finché ci sarà uno spazio per farlo.

Commenti