Roma - Sono pienamente legittime le cause intentate dagli ex deportati italiani in Germania nei confronti della Repubblica Federale tedesca per ottenere il risarcimento delle sofferenze patite ai lavori forzati nei campi di concentramento hitleriani: lo sottolinea la Cassazione in diverse sentenze depositate oggi con le quali sono stati respinti i ricorsi della Germania (rappresentata dall’ambasciatore in Italia) con i quali si sosteneva la non sindacabilità di quanto fatto dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. In pratica la Germania ha rivendicato, in Cassazione, il diritto alla "immunità" da ogni forma di risarcimento. Ma gli ermellini non hanno condiviso questa tesi contro le richieste dei cosiddetti "schiavi di Hitler".
Le cause arrivate in Cassazione riguardano una cinquantina di ex deportati, per la maggior parte piemontesi ma anche toscani e siciliani. Già nel 2004 la Cassazione - in una serie di cause analoghe - aveva bocciato i ricorsi della Germania contro l’instaurarsi di processi risarcitori in Italia. Ma il governo tedesco non si è arreso e ha continuato a contestare l’orientamento già espresso dalle Sezioni unite di piazza Cavour. Oggi, quindi, le stesse Sezioni unite - con numerose sentenze tra le quali la 14201 ha ribadito che non si possono escludere dai risarcimenti le violazioni che "costituiscono crimini addirittura contro l’umanità, e che segnano anche il punto di rottura dell’esercizio tollerabile della sovranità".
"La Repubblica federale di Germania - avvertono i supremi giudici - non ha il diritto di essere riconosciuta (nelle cause intentate dagli ex deportati) immune dalla giurisdizione civile del giudice italiano, che va pertanto dichiarata", considerando anche che l’inizio delle deportazioni avvenne in
Italia dopo l’8 settembre 1943. Non c’è dubbio, conclude infine piazza Cavour, che "la comunità internazionale considera la deportazione e l’assoggettamento dei deportati al lavoro forzato come crimine contro l’umanità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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