La Cassazione riapre il fronte Grana rimborsi per Di Pietro

Giudicato ammissibile il ricorso di Occhetto, Chiesa e Veltri sui fondi elettorali delle Europee 2004. L’accusa: soldi incassati dall’associazione Idv, non dal partito

La Cassazione riapre il fronte Grana rimborsi per Di Pietro

Roma - Il ricorso contro Di Pietro e la sue gestione dei rimborsi elettorali è stato giudicato ammissibile dalla Corte di Cassazione, riunitasi in consiglio venerdì scorso. Le sezioni penali riunite della più alta corte hanno deciso di fissare una pubblica udienza (data ancora da stabilire) sul ricorso proposto dal «Cantiere», movimento politico di Achille Occhetto, Giulietto Chiesa ed Elio Veltri alleato dell’Idv nelle elezioni del 2004, in merito all’uso dei fondi pubblici connessi a quella tornata elettorale, cioè svariati milioni di euro incassati dal partito di Antonio Di Pietro.

In sostanza la Cassazione ha ravveduto elementi sufficienti per non archiviare come inammissibile il ricorso, cosa che invece aveva fatto il gip di Roma nel 2010. Il fatto non è di poco conto perché di solito la Cassazione, in casi del genere, gira il ricorso alla sezione settima penale che poi archivia tutto dichiarando l’inammissibilità. Questa volta non è successo. Le motivazione della fissazione dell’udienza però non sono ancora note, ma in quell’occasione i magistrati potranno entrare nel merito processuale della vicenda che ormai, da quasi un decennio, oppone il leader Idv ai suoi ex alleati. Il nodo del contendere riguarda la (presunta) duplicazione dell’Italia dei valori in due soggetti distinti, il partito Idv (che si presenta alle elezioni ed elegge parlamentari e consiglieri) e l’associazione Italia dei valori, gestita da soli tre soci (Di Pietro, sua moglie e la tesoriera dell’Idv), che si sarebbe sostituita al partito (questa è l’accusa del «Cantiere») nell’incasso dei rimborsi elettorali.

Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma aveva ammesso che nell’Idv ci fosse una «confusa sovrapposizione di ruoli nel partito», ma che in ogni caso gli iscritti o gli eventuali alleati non sarebbero «parte lesa», concludendo che «non ci sono elementi a sostegno della prospettazione accusatoria, con riferimento ai reati configurabili, risultando del tutto ininfluente l'asserita distinzione di soggetti giuridici», cioè il partito Idv e l’associazione Idv. Nel ricorso di Veltri-Occhetto-Chiesa (difesi dagli avvocati Francesco Paola e Libero Mancuso, ex magistrato) si sostiene una tesi opposta, e cioè che i due soggetti sarebbero chiaramente distinti, come «provato» da alcuni episodi documentabili.

Primo, una pronuncia del Tribunale civile (non penale) di Roma, in seguito ad un distinto procedimento, che aveva evidenziato che si trattasse di due soggetti diversi. Quindi, la Corte di Cassazione sezione civile che ha esaminato la questione e dichiarato inammissibile la memoria di costituzione dell’Italia dei Valori perché non specifica «se agisce come Associazione o come Movimento politico».

«È una decisione che ci conforta, il nostro ricorso aveva posto in luce i gravi travisamenti processuali da cui era affetto il procedimento, è assai raro che venga fissata una pubblica udienza quando si ricorre avverso una archiviazione, la Suprema Corte ha ben considerato la centralità e l’importanza delle questioni oggetto di questo processo, che riguarda la percezione e l’utilizzo di decine di milioni di euro di fondi pubblici elettorali», commentano Mancuso e Paola, che con Veltri ha appena pubblicato un libro-inchiesta sul tema (I soldi dei partiti). In gioco c’è la gestione di 70-80 milioni di euro di fondi elettorali.

Non si sa ancora, come dicevamo, la data della pubblica udienza decisa dalla Cassazione penale, ma si sa invece che il 7 febbraio le sezioni unite civili della Cassazione devono decidere, sempre nell’ambito della causa di Veltri e Chiesa, a chi spetti il compito di decidere sui decreti ingiuntivi ottenuti da Veltri-Chiesa-Occhetto per avere dall’Idv la loro parte dei rimborsi delle europee 2004: se all’ufficio di presidenza della Camera dei deputati, come sostengono gli avvocati di Di Pietro, o al giudice ordinario, come chiedono i ricorrenti. «Vogliono farsi giudicare dalla casta e non dal giudice», attacca l’avvocato Paola, che aspetta la decisione dei magistrati come un precedente storico per definire la giurisdizione sui partiti e i loro leader e tesorieri.

Di Pietro però è tranquillo, in base alla massima che ripete spesso «male non fare paura non avere». E spiega sul suo sito personale che «i rimborsi elettorali erogati dalla Camera dei Deputati sono confluiti nelle casse di Italia dei Valori (soggetto, ripetesi, unitario) e da Idv sempre utilizzati esclusivamente per finalità di istituto.

Mai alcun euro di rimborso elettorale è stato incassato privatamente da chicchessia e gli avanzi di gestione, man mano che sono maturati, sono sempre rimasti interamente nelle mani e nella disponibilità esclusiva della Tesoreria del partito». La parola alla Cassazione.

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