Le casseforti meneghine festeggiano 100 anni

Nell’estate del 1906 il Monte di Pietà affisse manifesti che pubblicizzavano 5162 cassette di sicurezza. Andarono a ruba

Daniele Carozzi

Salvaguardare i tesori di famiglia dalle visite dei topi d’appartamento, magari giusto per il tempo delle vacanze, ma anche occultare le appassionate lettere di una relazione clandestina o l’abbigliamento in orbace dei trascorsi «anni ruggenti». Ricordi, amori, gioielli e trasgressioni, questo e ben altro hanno custodito le cassette di sicurezza durante i loro primi cento anni di vita milanese. Fin dall’origine quel nome fu una garanzia: «cassette-forti». E l’annuncio alla cittadinanza, per informare dei servigi che esse potevano offrire, avvenne proprio nell’estate del 1906, quando il Monte di Pietà di Milano fece affiggere manifesti che propagandavano le «cassette-forti» poste in ambiente blindato e in locazione dal 1° giugno. Seguiva una tabella con le tariffe per dimensioni e tempi di custodia: 8 lire al trimestre per una cassetta di 11 centimetri per 20 per 50, fino alle 80 l’anno per la più grande, con 60 centimetri per 40 per 50. La custodia di valigie richiedeva, oltre ad una tassa fissa che arrivava fino a 20 lire, una aliquota supplementare di 30 centesimi ogni mille lire sul valore dichiarato del contenuto. E fra i «sciori» che potevano permettersi la villeggiatura, quella fu l’occasione per mettere al sicuro pellicce, quadri e gioielli dalle malsane attenzioni degli specialisti del grimaldello che attendevano case e ville vuote per qualche colpo alla Fantomas. Il successo fu immediato e nel corso dell’estate le 5.162 «cassette-forti» disponibili vennero tutte occupate. D’altra parte la fiducia dei milanesi nei confronti del Monte di Pietà, trasformatosi poi in Banca del Monte di Milano, dal ’95 Banca Regionale Europea,era ormai consolidata da più di quattro secoli.
Il Monte di Pietà meneghino, fondato dai frati Francescani nel 1483 e ufficialmente riconosciuto da Lodovico il Moro il 1° luglio 1496, nacque con finalità di pubblica assistenza e difesa dall’usura, erogando prestiti di piccola entità in cambio di un pegno. E per i molti contadini il pegno poteva essere quello di sementi e attrezzi da lavoro, che avrebbero poi riscattato con un modesto tasso di interesse. Tuttavia da alcuni decenni i milanesi ricorrono al pegno per una comoda forma di immediato autofinanziamento, e non più per ottenere del contante destinato alla sopravvivenza. Probabilmente gli ultimi ad usufruirne in tal senso furono i goliardi degli anni Cinquanta, quando cantavano «… noi siamo le colonne dell’università, ma se non arriva il vaglia di papà, noi siamo le colonne del Monte di Pietà… ».
«Le cassette di sicurezza tuttora in uso sono 4.083 - informa Sergio Cavagna, consulente ed ex dirigente della Banca Regionale Europea - in quanto, viste le esigenze di spazio per i beni dei tempi attuali, ogni due piccole se n’è realizzata una media. I prezzi, solo annuali, variano fra i 35,50 euro per la taglia minore e i 198 per la più grande». Nella loro storia le cassette non hanno custodito soltanto preziosi o pellicce. «Talvolta accade che gli affittuari muoiano - prosegue Cavagna - e nessuno ne reclami il contenuto. Le cassette vengono allora aperte dopo molti anni e i beni messi all’asta. A questo punto non mancano le sorprese».

Può, infatti, essere difficile mettere alla riffa un paio di «culotte» femminili di marca francese, forse trofeo di una piccante avventura d’Oltralpe o una raccolta di lettere con accurata grafia femminile, frutto di una segreta relazione extraconiugale. Ma la divisa in orbace, con tanto di fez e pugnale della Milizia,avrà sicuramente trovato posto nella teca di un collezionista.

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