La casta

Non mi viene altro termine, provo ribrezzo per ciò che i sindacati si apprestano a fare soprattutto ai nostri figli: quelli che nel 2050 andranno in pensione financo a settant’anni e con mensilità da fame. È quanto hanno cercato di spiegare, dati alla mano, anche economisti del tenore di Francesco Giavazzi e Tito Boeri: in tutta Europa si va in pensione a 65 anni, solo da noi a 57; in Europa uomini e donne vanno in pensione alla stessa età e senza peculiari distinguo tra lavori più o meno usuranti: solo alla razza italica si attribuisce un diverso Dna rispetto a colleghi e colleghe che nel resto del Continente sono considerati evidentemente di tempra più robusta e meno usurabile. Il punto è che i sindacati se ne fregano di innalzare l’età pensionabile, non ci pensano proprio, preferiscono un gradualissimo scalone che lasci intatti i loro privilegi a danno di generazioni che dovranno sobbarcarsi il sostegno di due persone a cranio e forse più.

Guglielmo Epifani, in un’intervista sul Corriere di lunedì, è giunto a seccarsi perché i partiti democratici (che dovrebbero rappresentare noi tutti) si permettono di interferire nella trattativa tra sindacato e governo. Incredibile. È questo surplus di arroganza a farmi ribrezzo.

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