Non cè bisogno dellartificiere da Oscar di The Hurt Locker per capire che la bomba Grecia va maneggiata con estrema cura. Eppure, da quando Atene è entrata nel radar dei mercati senza più uscirne, lEuropa si è incartata a ripetizione sul possibile metodo di disinnesco. Aiuti? Sì, no, forse. Ricorso al Fmi? Macchè, meglio la soluzione autarchica di un Fondo monetario europeo. In un continuo palleggiamento di responsabilità, tra conferme subito smentite sulla possibilità di aggirare la clausola-capestro di no bail-out, lEuropa non è mai riuscita a parlare a una voce sola. Si è invece sentito un coro improvvisato, in cui il tono della Germania è stato sempre tre volte sopra rispetto agli altri.
Berlino, di fatto, ha depotenziato ieri il vertice dei capi di Stato e di governo previsto per giovedì e venerdì prossimo. Sul quale, a quanto pare per un abbaglio collettivo, erano state riposte le speranze per una soluzione condivisa. Magari adottando la proposta di prestiti bilaterali ventilata già venerdì scorso dal leader della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. «Non sono in agenda decisioni su un aiuto finanziario alla Grecia», ha tagliato corto il portavoce del governo tedesco, Ulrich Wilhelm. Nella malaccorta gestione del dossier greco, una cosa è ormai ben chiara: la Germania vede con favore lintervento del Fmi e non intende sborsare un centesimo per soccorrere le disastrate finanze elleniche. I sondaggi parlano chiaro: appena il 20% dei tedeschi è per la mano tesa; il 62% potrebbe invece essere immortalato mentre si esibisce nel classico gesto dellombrello. La Merkel ne ha tratto le conseguenze.
Lalibi prêt à porter teutonico è sempre il solito: Atene non ha mai chiesto aiuti finanziari. Vero, ma è altrettanto vero che, in assenza di una qualsivoglia decisione, la Grecia continuerà a vedere schizzare verso lalto il differenziale tra i sirtaki-bond e lipertrofico Bund (338 lo scarto ieri, ai massimi dal primo marzo). «Gli spread scenderanno quando i mercati si accorgeranno che il piano di riduzione del deficit deciso dal governo Papandreu è quello di cui cè bisogno, è credibile», ha detto ieri il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet. Lo scenario che al momento si prospetta è però un altro: ovvero, che il Paese mediterraneo si ritrovi nelle condizioni di non riuscire a ottenere più credito perché il prezzo da pagare è troppo elevato. E, dunque, di rischiare il fallimento.
La posta è dunque alta. Se lUe non scioglie il nodo greco mostra di essere «poco rilevante» nella scena mondiale, ha affermato il nostro ministro degli Esteri, Franco Frattini. La scarsa rilevanza, peraltro, sembra già un dato di fatto. Lintransigenza di Berlino e la sostanziale inerzia degli altri Paesi sono la miglior benzina per la speculazione. La prova è sotto gli occhi di tutti: leuro è sceso ieri fino a 1,3464 toccando i minimi da tre settimane, quando ancora nel dicembre scorso era stabilmente sopra quota 1,50. La moneta unica è anche crollata al minimo storico contro il franco svizzero, a 1,4310, un livello mai raggiunto dal 1999. Se buona parte dellexport tedesco non venisse realizzato allinterno di Eurolandia, si potrebbe pensare che la Germania stia abilmente orchestrando una classica svalutazione competitiva. Così non è, evidentemente.
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