Il cattivo esempio della sinistra

Il cattivo esempio della sinistra

Fabrizio Cicchitto *

Il centrosinistra non può dare nessuna lezione di politica internazionale partendo dalla crisi determinata dalla «vicenda della maglietta» e dalle conseguenti dimissioni da ministro di Roberto Calderoli. Fra la fine del 1998 e l’inizio del 1999 si dipanò la vicenda Ocalan: il centrosinistra, grazie all’onorevole Mantovani di Rifondazione comunista aveva dato asilo politico a Ocalan ritenendolo un esule politico. Poi si scoprì che egli era considerato dagli Usa un pericoloso terrorista e che i turchi addirittura lo ricercavano come tale, per cui in quel Paese si scatenò un movimento contro l’Italia sanato solo da Berlusconi. Allora non si dimise nessuno degli statisti - D’Alema, allora presidente del Consiglio, Marco Minniti, sottosegretario, Diliberto, ministro di Grazia e Giustizia - che commisero quel gravissimo errore: Ocalan fu impacchettato e mandato fuori dall’Italia e in Kenya fu catturato dai servizi turchi, un’operazione nella quale si combinarono insieme avventurismo e cinismo.
Qualora in questi anni il centrosinistra fosse stato al governo esso sarebbe già caduto sulla politica estera viste le differenze profonde che esistono al suo interno su tutti i temi. Queste differenze spaccano perfino i vertici dei Ds dove Fassino è moderatamente filoisraeliano e D’Alema è filopalestinese in modo così oltranzista da aver assunto una posizione aperta e favorevole persino nei confronti di Hamas con una motivazione francamente rivoltante: «Non sono nazisti», come se ci sia un antisemitismo cattivo (quello nazista, appunto) e un antisemitismo «passabile» (quello di Hamas, appunto).
Detto questo bisogna dire che le ragioni più profonde dell’errore commesso da Calderoli sono due. In primo luogo qualunque religione o teoria è suscettibile di una ragionata critica filosofica o storica o politica mentre non è accettabile una satira volgare e il dileggio. Inoltre, la «maglietta» del senatore Calderoli non faceva i conti con il fatto che da prima dell’11 settembre del 2001 viviamo una situazione mondiale gravissima, caratterizzata dalla crescita impetuosa di un fondamentalismo islamico che pratica la violenza e il terrorismo già come suo modo di essere e che è pronto a cavalcare qualunque pretesto, anche minimo, quali appunto le famose vignette (uscite, non dimentichiamolo mai, sul giornale danese il 30 settembre dell’altro anno e ripubblicate su un giornale egiziano un mese dopo senza che per lungo tempo accadesse niente). Altrettanto è avvenuto a Bengasi nei confronti della «maglietta» di Calderoli. Le chiese bruciate in Nigeria e i cristiani uccisi in quel Paese sono l’espressione di una crescente intolleranza, non sono certo causate dalle vignette danesi.
Nel fondamentalismo islamico sono contemporaneamente presenti dosi assai elevate di antioccidentalismo, di antisemitismo, di anticristianesimo. Il centro del problema è stato definito in modo ineccepibile da Benedetto XVI e per un altro aspetto da monsignor Fisichella. Papa Benedetto ha fatto due affermazioni di fondo: «È necessario e urgente che le religioni e i loro simboli siano rispettati e che i credenti non siano l’oggetto di provocazioni che feriscono... i loro sentimenti religiosi» e al contempo che «l’intolleranza e la violenza non possono mai essere giustificate come delle risposte alle offese perché non compatibili coi principi sacri della religione». Da parte sua monsignor Fisichella ha colto i termini essenziali della questione: «Non si possono mettere sullo stesso piano una vignetta e l’uccisione di un prete» e «non è in gioco soltanto la sorte delle minoranze cristiane che vivono nel mondo musulmano, ma la libertà di ognuno, i suoi modi di esercizio e la civiltà dei rapporti internazionali». Giustamente vengono chiamati in causa l’azione di organizzazioni internazionali come la Lega Araba, l’Ue, l’Onu. Rimaniamo convinti che, come ai tempi del nazismo e del comunismo, l’Occidente deve avere come riferimento sul terreno dei valori due filoni culturali, il cattolicesimo liberale e sociale e il liberalsocialismo. Rispetto a tutto ciò il centrosinistra ha un fianco scoperto. Nel centrosinistra esistono componenti che vivono il fondamentalismo islamico come una sorta di movimento surrogatorio del comunismo fallito che anzi ne fa le vendette contro l’odiato Occidente.
Di conseguenza in tutta questa drammatica vicenda bisogna combinare insieme il massimo senso di responsabilità, ma anche il massimo di fermezza culturale e politica, oltre che di azione preventiva e repressiva contro il terrorismo. Da questo punto di vista l’azione di un settore della magistratura ci lascia esterrefatti.

La possibile incriminazione di Calderoli sarebbe solo grottesca se non fosse l’espressione di ciò che sta fermentando all’interno di un settore della magistratura che a Milano manda assolti con una motivazione ideologica e politica i reclutatori di terroristi e di possibili kamikaze. Alla luce di tutto ciò non solo il centrosinistra non può dare lezioni, ma le sue componenti moderate dovrebbero riflettere sul tipo di coalizione alla quale hanno dato vita.
* vicecoordinatore di Forza Italia

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