Catturato il killer di Biella: ride e fa il matto

Il padre della ragazza: «La perseguitava da quando era uscito di cella. Inutili le nostre denunce»

Nadia Muratore

da Biella

È durata ventiquattr’ore la caccia a Emiliano Santangelo, il killer di Deborah Rizzato, 25 anni, di cui dieci trascorsi a difendersi dalle molestie e dalle minacce dell'uomo che l’ha uccisa. Quando è stato fermato dai vigili di Genova, Santangelo era al volante della vettura di Deborah. In una tasca conservava ancora i documenti della vittima. A tradire l'uomo, ricercato da martedì mattina, è stata la fretta, che non lo ha fatto fermare a uno «stop» di via Ponte Polcevera a Genova. L'auto ha iniziato a sbandare, urtando tre vetture, e Santangelo avrebbe proseguito la sua folle corsa se non fosse stato fermato da un agente della polizia municipale. Il vigile lo ha raggiunto a bordo di uno scooter, lo ha affiancato, intimandogli l'alt. È così iniziata la sceneggiata di Emiliano Santangelo, dando ragione a chi, a Carema, il piccolo comune del Torinese dove vive, lo ha soprannominato «il mitomane». Qualcun altro lo chiamava invece la «bestia». «Cosa vuole da me? - ha detto sprezzante rivolgendosi al vigile -, non vede che ho fretta». E poi all'apice della «pazzia»: «Davvero non mi riconosce? Sono il cugino di Anna Maria Franzoni». Intanto gli agenti procedevano al controllo dell'auto, risultata rubata. A mettere in allerta i vigili, però, sono state le grandi macchie di sangue sui suoi blue jeans. Vistosi spacciato Santangelo ha tentato più volte la fuga, anche quando, caricato sull'ambulanza per essere trasportato al pronto soccorso di Villa Scassi, ha aperto lo sportello posteriore cercando di buttarsi in strada. Arrivato in ospedale ha iniziato a dare in escandescenze, tanto da dover essere legato mani e piedi al letto. Una vita violenta, senza alcun rimpianto la sua. In manette, ieri, addirittura sorrideva. Ed è con questa immagine strafottente, che il viso rotondo di Emiliano Santangelo ha fatto irruzione sulla tv in casa della sorella Rosaria e dei genitori di Deborah.
Oltre cento chilometri dividono Cossato, in provincia di Biella, dove vive la famiglia Rizzato e Carema, il comune in provincia di Torino dove abitano la sorella e l'anziana madre di Emiliano Santangelo. «Che vergogna, chiedo perdono a quella famiglia», ripete distrutta la sorella dell’assassino. Giovanna Giletti, madre di Deborah, non si dà pace. «Da quando era uscito di prigione - spiega tra le lacrime -, non la lasciava un attimo in pace, voleva incontrarla, pretendeva addirittura di sposarla».
Emiliano e Deborah si erano conosciuti giovanissimi in una discoteca di Cossato e fin da subito lui l'aveva importunata. «Tutti noi eravamo esasperati - ricorda con un filo di voce il padre Gerolamo, una vita passata a spaccarsi la schiena su un banco di frutta e verdura -. Ultimamente abbiamo anche cambiato il numero di telefono: lui la cercava in continuazione, di giorno e di notte». Deborah viveva in un incubo e «più volte - prosegue il padre - abbiamo denunciato alle forze dell'ordine la continua persecuzione cui era sottoposta nostra figlia, ma è stato inutile».
La giovane di Cossato, che da un anno lavorava come operaia in un'azienda di filati a pochi chilometri da casa, era fidanzata con Luca Andreotti, falegname di Candelo. Ciò nonostante Santangelo continuava a tormentarla. Anche la sorella Simona conferma i timori di Deborah che cercava di non uscire mai sola, ma quando andava al lavoro era tranquilla. Forse la giovane di Cossato non pensava che il suo assassino le avrebbe teso l'agguato in pieno giorno, nel parcheggio di una fabbrica che alle 8 di mattina pullula di gente.


A pochi chilometri di distanza da Cossato altre due donne sono sprofondate nel dolore e anche se Emiliano è stato arrestato, la sorella continua ad aver paura di quell'uomo che non di rado «sfogava» la sua violenza su di lei e l'anziana madre. «Vada ad ammazzarsi». Con queste parole Rosaria Santangelo ha commentato la cattura del fratello.

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