Il Cavaliere: «Veltroni a casa con il 33%, Franceschini esulta con il 26»

La giornata l’ha passata ad Arcore, a studiare con sondaggisti e analisti i flussi elettorali delle europee e assistere allo scrutinio delle amministrative. E a sera quelli che erano i sospetti della mattina hanno sostanzialmente trovato conferma. Perché seppure molto critico con il trionfalismo del Pd e piuttosto scontento di come i vertici del Pdl abbiano gestito la serata elettorale, Silvio Berlusconi non ha dubbi nell’individuare le «quattro concause» della frenata del Popolo della libertà: «L’astensionismo, la diaspora di voti in Sicilia, la campagna di Repubblica e il fattore Kakà».
Anche se in pubblico il Cavaliere preferisce la via del silenzio per poter commentare la tornata elettorale avendo in mano il dato complessivo, da Arcore filtrano indiscrezioni per tutta la giornata. Il premier, d’altra parte, è in contatto con via dell’Umiltà e in più d’una occasione si confronta al telefono con ministri e collaboratori. Il dato dell’astensione, ammette, «è certamente inaspettato». E «ha tratto tutti in inganno». I sondaggisti, che pronosticavano un risultato intorno al 40%, ma anche lo stesso Berlusconi. Perché, spiega al telefono, «i sondaggi mi hanno indotto a sbagliare» ma «forse avrei dovuto essere più prudente».
Detto questo, quel che il Cavaliere non riesce davvero a nascondere con nessuno dei suoi interlocutori è lo «stupore» per i trionfalismi del Pd. «Veltroni se n’è andato a casa con il 33% - ragiona - e con il 26% Franceschini non solo parla ma addirittura esulta». «Incredibile», ripete in più d’una occasione sottolineando come la forbice tra Pdl e Pd si sia «decisamente» ampliata. «Alle politiche dello scorso anno avevamo quattro punti e - insiste Berlusconi - ora che i punti sono diventati otto sono lì a festeggiare». Un conteggio che il Cavaliere fa anche guardando alle elezioni europee di cinque anni fa: «Loro sono passati da 24 a 21 europarlamentari, noi da 25 a 29». E tra loro, ci tiene a sottolineare, c’è anche Barbara Matera. «Le hanno dato della velina - ironizza - e la gente l’ha premiata con 130mila voti». Poi, ce n’è anche per Antonio Di Pietro perché «è incredibile che quel filibustiere sia arrivato all’8%».
Inevitabile per Berlusconi tornare sull’ultimo mese di campagna elettorale. Perché, ripete sempre in privato, «tutto è iniziato con l’intervento di Veronica all’Ansa». Seguito da «una vera e propria campagna orchestrata contro di me». «Una cosa indegna», ripete citando la vicenda Noemi e puntando più d’una volta il dito contro Repubblica. «Ma vedrete - assicura a tutti i suoi interlocutori - che alla fine sarò più forte di loro...».
Del dato politico, dunque, Berlusconi non è certamente entusiasta. Non ha dubbi sulla solidità dell’alleanza con la Lega, tanto da ripetere ai suoi che «non bisogna preoccuparsi» dell’avanzata di Bossi, mentre resta piuttosto perplesso della performance del Pdl. I risultati non sono stati all’altezza delle aspettative e forse, riflette, è arrivato il momento di cambiare molte cose. Prima di tutto nel partito. Le faide interne al Pdl in Sicilia, per esempio, a suo giudizio sarebbero state deleterie ed avrebbero compromesso l’esito del voto e l’ambita soglia del 40% dei consensi. Basta liti, perciò. Berlusconi se ne occuperà personalmente, così come intende mettere mano a una riorganizzazione del partito, convinto del fatto che quella esistente sia stata deficitaria.

«D’ora in poi - ragionava ieri il premier con chi ha avuto modo di sentirlo - dovranno lavorare a tempo pieno, puntare a radicare il partito sul territorio meglio di quanto abbiamo fatto sino ad ora». E, perché no, rinunciare ai doppi incarichi.

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