Il Giornale del Cavallo

Il cavallo non vive nel dolore

I cavalli non temono le conseguenze remote degli eventi e sono tutti divi di Hollywood senza la finzione cinematografica e gli effetti speciali

Il cavallo non vive nel dolore

Il professor Diego Fonda sosteneva e sostiene che se sei in mezzo al mare, al buio, ti lasci prendere dal panico e anneghi. Se in lontananza un faro ti aiuta a nuotare, salvi le penne. Nelle cose umane, la sfera emozionale, affettiva è importante per farcela ad andare avanti e la motivazione è necessaria a vincere il panico e la paura.
Il cinema spesso mostra eroi invincibili che riescono a combattere nonostante multiple, profonde ferite, ma l’uomo normale si mette a letto già con un taglietto insignificante e si fa’ coccolare dai familiari.
I cavalli invece sono tutti divi di Hollywood ma senza la finzione cinematografica né gli effetti speciali. Mi è capitato di vederne alcuni che, nonostante squarci sanguinanti e carni a penzoloni, brucassero tranquillamente la fresca erbetta, magari condita delle gocce del loro stesso sangue.

Un uomo nella stessa situazione avrebbe paura di morire e cercherebbe solidarietà fra chi fosse in grado di aiutarlo. I cavalli non temono le conseguenze remote degli eventi, perché non associano il male presente con le sequele che ne possono derivare. Semmai il cavallo può avere paura di ciò che gli sta accadendo nel presente, e nel presente anch’esso dimostra di possedere una sfera emotivo-emozionale che lo induce a fuggire e a cercare l’aiuto del branco.

Al contrario, a pericolo scampato, riprende le sue normali attività, come se il sangue non gli rigasse il manto, come se le mosche non gli infettassero le ferite, come se la febbre e l’ipotensione arteriosa non fossero che una dolce droga.
E così, proprio così, continua imperterrito a brucare l’erba, a rincorrere le femmine in estro, a giocare con gli altri, finché il sangue non si avvelena e la sua mente diventa offuscata e ottusa per le tossine e piano piano, senza percepire il dolore acuirsi, dolcemente smette di vivere.
Qualcuno potrebbe giustamente essere felice del fatto che, come animale senziente, l’uomo abbia la possibilità di esprimere appieno la sua sfera affettiva ed emozionale, anche attraverso il coinvolgimento più o meno empatico di famigliari, dottori e infermieri.
E se non fosse che esistono uomini come i cavalli, tutto il discorso non farebbe una grinza. Se non fosse, intendo, che esistono uomini simili agli eroi di Hollywood, uomini che forti di una dignità spropositata, di un coraggio esagerato, rigettano, sembrano dimenticare, paura e dolore e continuano imperterriti il loro cammino, senza dimenticarsi di apportare addirittura il loro contributo agli altri.

Noi tali uomini li chiamiamo martiri, santi o eroi della patria… ma allora questi uomini sono più speciali degli altri oppure visto il clichè animale e cavallo, sono solo normali?
E se la normalità fosse l’eroismo e noi altri uomini più emotivi fossimo in realtà una massa di scorreggioni?
Ma qui ci nascondiamo sotto la gaussiana. In statistica che poi è una scienza matematica, la gaussiana è un modello per interpretare la realtà. La realtà può essere in tal modo descritta attraverso una curva fatta a campana che contiene i normali cioè noi scorreggioni. In parole povere, se al mondo la maggioranza è fatta di scorreggioni, vuol dire che i normali sono gli scorreggioni appunto. Gli strani sono invece gli eroi e i santi. Ricorrendo al sillogismo, dovremmo desumere quindi che anche i cavalli e in generale gli animali, siano “strani”, eroi e santi.
Forse il vero significato del viaggio dell’uomo sta nel recupero di quelle qualità ancestrali che la coscienza ci ha precluso. Già Platone infatti asseriva, nel suo mito della caverna, che gli illuminati fossero pochi rispetto alla massa di persone, proprio come gli eroi e i santi.
La coscienza è un’arma pericolosa: può essere usata per restare eroi come gli animali e contemporaneamente permetterci di fare quel passo in più che ci differenzia da essi, oppure per perdere quelle qualità ancestrali animali e diventare solo degli emeriti scorreggioni.

Simone Ferrian
Redazione www.

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