Il cda si dimette in blocco: Roma Metropolitane nel caos

Il gesto semplifica il compito di Veltroni che potrà nominare entro il 22 novembre il nuovo consiglio con soltanto 3 membri

Tutti a casa, almeno per ora. Da martedì sera «Roma Metropolitane», il braccio operativo del Comune per la realizzazione della nuove linee metro C, D e B1, è senza consiglio d’amministrazione, con quello attuale che rimarrà in carica solo per sbrigare gli affari correnti fino alla nomina del nuovo Cda da parte del Campidoglio. I sei componenti infatti hanno deciso di dimettersi al termine di un sofferta riunione, che si è tenuta proprio martedì sera nella sede della società. Secondo alcune voci di corridoio il primo a rimettere l’incarico sarebbe stato il presidente Chicco Testa, seguito dall’amministratore delegato, Federico Bortoli e dai 4 consiglieri Vincenzo Gagliani Caputo, Paolo Leoni, Stefano Ribaldi e Maria Rosaria Russo Valentini.
Un gesto apparentemente forte - tanto che le lettere di dimissioni sarebbero già state inviate al sindaco Veltroni - anche se compiuto nell’intenzione di semplificare il compito al primo cittadino, che potrà così rispettare il termine del 22 novembre per la costituzione del nuovo Consiglio. Perché all’origine dell’iniziativa del vertice di Roma Metropolitane c’è la delibera 171 approvata dalla Giunta lo scorso 19 settembre che stabilisce la riduzione dei membri dei Cda delle aziende partecipate, dando così attuazione alle norme previste dall’ultima Finanziaria. La legge di bilancio 2007 aveva stabilito infatti il tetto di 3 consiglieri (compreso il presidente) per le società al di sotto dei due milioni di euro di capitale interamente versato, come appunto Roma Metropolitane. Senza tener conto quindi (al di là del capitale sociale) delle funzioni e del particolare statuto di quest’ultima - che dovrà essere appunto modificato entro il 22 novembre - tale da consentirle di gestire ingenti capitali per la realizzazione di infrastrutture come le nuove metro.
«Si tratta di un ulteriore segnale di serietà nella nostra azione amministrativa - aveva commentato a settembre Veltroni -. I costi a carico delle aziende comunali si ridurranno così di circa 600.000 euro all’anno». «Il risparmio - aveva aggiunto l’assessore al Bilancio, Marco Causi - si somma a quello di ulteriori 500.000 euro connesso alla rimodulazione dei compensi degli amministratori esecutivi, ossia i presidenti e gli amministratori delegati, delle aziende partecipate, decisi con la delibera n. 215 del 23 maggio scorso».
Sarà, ma la mossa di Testa e soci sembra un invito al sindaco e commissario straordinario per la Mobilità (oltre che neosegretario del Pd) affinché prema su Palazzo Chigi per evitare ulteriori cure dimagranti a un Cda già alle prese con numerosi problemi relativi alla realizzazione della linea C. Problemi come quelli legati alla tratta centrale del tragitto (Clodio/Mazzini-Venezia e Venezia-San Giovanni) e più volte evidenziati da queste colonne.

Già saltata la stazione Argentina, ora i nodi da sciogliere riguardano le tre uscite della fermata Venezia (la cui collocazione nella parte centrale della piazza è stata per mesi a rischio) e Chiesa Nuova, per le quali sono in corso le indagini archeologiche. Indagini che avrebbero dovuto concludersi ormai da tempo.

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