Celentano inizia con la predica i cantanti lo mandano all’inferno

Il Molleggiato comincia attaccando preti, frati e i giornali cattolici. E Renga: "Noi non contiamo niente, facciamo solo da cornice"

Celentano inizia con la predica i cantanti lo mandano all’inferno

nostro inviato a Sanremo

È guerra. Nel mondo. E anche dentro l’Ariston. Bombe, esplosioni, uno scenario quasi post atomico, il tutto mixato a musica e coreografie fantastiche. L’arrivo di Celentano al Festival doveva essere esplosivo e così è stato: si è presentato con un filmato alla Apocalipse Now, un cocktail di immagini di bombardamenti e di scene girate nei giorni scorsi che davano l’illusione di un fuggi fuggi dall’Ariston del pubblico preso dal panico e pure di Morandi. Insomma un tema caro al Molleggiato: il mondo distrutto da esseri umani incoscienti che lasceranno una terra incenerita ai loro figli. Ha cominciato con un riferimento al Vangelo: beati gli ultimi e una critica ai preti e ai frati e i giornali cattolici che non parlano mai della cosa più importante: il motivo per cui siamo nati, il Paradiso.
Del resto la fine del mondo è anche il tema dell’ultimo album (e la scena iniziale ne riprende la copertina) Facciamo finta che sia vero. E chi ancora credeva che, tra gli altri ingredienti del suo intervento, l’artista rinunciasse a promuovere il suo disco, si è dovuto arrendere all’evidenza: ha interpretato alcuni brani del cd appena uscito tra cui quello che dà il titolo all’album. Perché dare il cachet in beneficenza va bene, fa figo, però poi bisogna pensare anche al Clan e una bella pubblicità davanti a milioni di persone è molto utile.

Come sempre, la parte migliore del Molleggiato è la voce. E quando abbandona i monologhi e si butta nel rock è uno spettacolo. Ieri ha ripercorso parte della storia della musica: da You Are My Sunshine di Ray Charles a Thirteen Women di Bill Haley. E poi ha reso omaggio a se stesso con un medley dei suoi successi: da quella Prisencolinensinainciusol che molti considerano la base del rap a Il Forestiero, brano pubblicato quando Celentano ha vinto il Festival nel 1970. Un testo che racconta il più lungo dialogo del Vangelo, quello tra Gesù e la Samaritana che lo disseta e poi lo riconosce come messia.

Ma il Molleggiato non poteva esimersi dall’intervenire sulla politica italiana. Questa volta il nostro Savonarola se l’è presa con la Corte Costituzionale che ha bocciato il referendum sulla legge elettorale. Così non si rispetta la volontà popolare, ha sentenziato buttandola in caciara dopo aver coinvolto Morandi, Papaleo e pure Pupo seduto in platea in uno sketch su chi non capisce di politica. Finale con i tre «comprimari» che ballano dietro il «number one» sulle note di Hot Dog Buddy Duddy di Haley.

In tutto questo dove è finita la musica, che dovrebbe essere la ragion d'essere del Festival? Lo spiega tristemente Renga: «Noi cantanti facciamo la cornice di Celentano. Direi che non contiamo un beata fava». Pensiero che hanno avuto molti suoi colleghi.
La serata era cominciata con Luca e Paolo spassosissimi che prendevano in giro se stessi e gli altri comici che non riescono più a far satira da quando è andato via Berlusconi. Sulle note di Uomini soli hanno messo in rima le «escort in cassa integrazione» ed «Emergency che fa beneficenza alla Littizetto» per chiudere con una preghiera al «pelato» di tornare. Ma poi sono tornati sui loro passi intonando, sulle note di Va’ Pensiero: «Or c’è Monti e non c’è Berlusconi, ci ha lasciato le mani e un cerino che possiam darci fuoco ai coglioni»...

Poi grande inizio con una meravigliosa coreografia firmata Daniel Ezralow sul tema di 2001 Odissea nello spazio.

E via alle canzoni presentate dal solito dolce ed emozionato Morandi, aiutato dal conduttore «tecnico» Rocco Papaleo e da Belen e Canalis in mancanza dell’infortunata Ivana. Che si è portata dietro un altro infortunio: il sistema tecnologico di votazione della giuria in sala è andato subito in tilt e si è dovuto ricorrere ai tradizionali foglietti.

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