Celestini: «Vi racconto le bombe di S. Lorenzo»

Celestini: «Vi racconto le bombe di S. Lorenzo»

Anna Frangione

È di Morena Ascanio Celestini, classe 1972. «Veronica Cruciani (regista di uno degli spettacoli inseriti nel programma di «Bella Ciao», vedi articolo in basso, ndr) mi prendeva in giro “Ma da dove vieni? Da un altro paese?”. Adesso il suo spettacolo debutterà proprio vicino a casa mia». Una rivincita per la Roma di Celestini che si riprende il suo spazio e invita l’«altra» capitale a muoversi per raggiungere i luoghi di «Bella Ciao». Direttore artistico della rassegna, Celestini va in scena martedì e mercoledì con Scemo di guerra, le storie di quel 4 giugno del 1944 ascoltate per anni dalle parole del padre Nino.
Cosa rende così importante la memoria?
«Non averla è un po’ come perdere le chiavi e non riuscire a tornare a casa. Se non ricordi quello che è successo a te, alla comunità in cui vivi, rimani senza una casa. Non credo nella memoria nostalgica, quella del “si stava meglio prima”, ma in una memoria che serva a meglio interpretare il presente».
In «Scemo di guerra» la scenografia è scarna, lei è l’unico interprete, sul palco con le sue storie. Che cosa accomuna gli spettacoli del Festival?
«Tutto lo spazio è dedicato al racconto sulla liberazione di Roma. Racconti una storia e il pubblico riesce a vedere le immagini evocate dalle parole. Su questo è costruito il teatro di narrazione, proprio sull’evocazione. Lo spettatore ha un ruolo attivo. Tutti gli spettacoli del Festival sono accomunati dalla riflessione su una memoria per il presente e sono molto legati al racconto. Diverso è I pescecani. Ovvero quello che resta di Bertolt Brecht di Armando Punzo. Gli attori sono tutti detenuti del carcere di Volterra e portano in scena una parte importante della loro identità. Cerchiamo di fare un teatro che riguarda davvero le persone. Bisogna parlare dei temi della collettività che emergono attraverso la propria storia personale».
Perché queste «incursioni artistiche» nei centri commerciali di periferia?
«Le incursioni sono uno stimolo teatrale là dove le persone non se l’aspettano. Non c’è una critica al centro commerciale, ma bisogna fare in modo che diventi non solo un luogo d’acquisto, ma qualche altra cosa, un luogo di produzione culturale. Non abbiamo mai fatto prima una cosa del genere, l’esito sarà una sorpresa. Ma abbiamo persone molto pronte a dialogare con il pubblico, Pierpaolo Palladino, Fiammetta Baralla, Christian Raimo e il Teatro Schabernack con i loro clown. Le incursioni poi diventano dei contenitori dove portare altre cose»
Cosa ci proporrà per la Notte Bianca?
«Ne parlavo con Mimmo Cuticchio. Andremo con i nostri racconti, con un canovaccio, ciascuno porterà il suo repertorio e decideremo all’impronta».


E dopo la Notte Bianca?Q
«Dopo questa ripresa di Scemo di guerra ci sarà il debutto di La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico al Teatro Morlacchi di Perugia, il 18 ottobre. Racconterò le tante storie degli istituzioni manicomiali».

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