Cronaca locale

Cenacolo con vista sull’abbazia di Piona

Ferdinando Maffioli

Il Cenacolo di Santa Maria delle Grazie è un capolavoro in cui il gioco dei rimandi, delle ipotesi e dei misteri dispone - soprattutto in questo periodo di «Codici» - di ampie risorse. D’altra parte quando si è di fronte a un’opera di Leonardo raramente si ha una lettura univoca. Spesso i segni e i simboli ruotano attorno all’irreale e all’inverificabile, che certo non placano le legittime curiosità di esperti e no.
Questo pomeriggio, alle 18, la libreria Bocca, in Galleria, presenta «Leonardo, l'Abbazia di Piona e il Cenacolo» (edito da Aisthesis), un saggio di Ernesto Solari, appassionato studioso del Genio vinciano. Il libro propone la tesi che il paesaggio sullo sfondo del Cenacolo altro non tratteggi che l’abbazia lariana e le sue montagne. A sostegno di questa ipotesi il professor Solari espone una serie di ragioni, artistiche, storiche, personali, religiose e simboliche. Oltre, ovviamente, a una certa presunta simmetria dei profili montuosi.
Paesaggio che l’artista conosceva bene. «Nel Codice Atlantico - scrive Solari - Leonardo parla di quei territori e li descrive con una precisione tale da far trapelare non solo il suo grande amore per le ricchezze paesaggistiche che li caratterizzano, ma anche per una reiterata presenza in quelle zone». E tra i motivi dell’interesse di Leonardo per il Lario annota anche il legame con i Birago, la famiglia che deteneva la Commenda del Priorato di Piona, e l’amiciza con lo storico Paolo Giovio, il comasco suo grande estimatore e suo primo biografo.
E se nei primi anni dell’Ottocento, Giuseppe Bossi, artefice di uno dei tanti restauri del Cenacolo, scriveva che «nell’orizzonte non si veggono distinti né alberi né edifizi», il professor Solari cita il recente restauro di Pinin Brambilla Barcilon che ha riportato alla luce tutta una serie di dettagli. Come il cielo leonardesco «unitario, limpido, nella duplice e raffinata stesura di azzurrite e lapislazzuli». Ma, scriveva la restauratrice nel 1999, «la parte inferiore del paesaggio si è rivelata di ben altra tonalità timbrica... La purezza e la cura meticolosa dei particolari delle fronde, dei frammenti di un edificio cuspidato, con un campanile di tipica architettura nordica, confermano l’attenzione di Leonardo alla pittura fiamminga».
Tutto, dunque, ruota attorno a quell’edificio religioso dietro la spalla destra di Gesù. Per l’autore del saggio, esso, «è l’elemento determinante del paesaggio del Cenacolo... quello che ha dato modo di individuarne la veduta precisa, che favorisce il maggior numero di riflessioni». Un’affermazione che sarebbe confortata anche dal raffronto con le più importanti copie antiche del capolavoro, da quella del Giampietrino all’Ultima Cena di Marco d’Oggiono, realizzate tra il 1515 e il 1520.
Su questa ipotesi è stata impostata anche una mostra - curata dalla società «Idea» di Vittorio Comi - che verrà inagurata domenica, alle 11.30, proprio nell’abbazia.

Una rassegna che, fino al 30 settembre, propone «lo sfondo Piona» attraverso 15 grandi pannelli fotografici e didascalici, alcuni disegni e dipinti relativi al Cenacolo, ai suoi contenuti simbolici, alla chiesa locale ed alle opere presenti nel Priorato, con ritratti, personaggi e ricostruzioni al computer.

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