Con le pinne, fucile ed occhiali. Ma soprattutto con il retino. Così, di ritorno dalle vacanze sulla costa sud occidentale spagnola, potreste avere la fortuna di mostrare agli amici, oltre a qualche bella conchiglia e le classiche foto di voi spaparanzati al sole, qualche bel doblone doro. Se gli americani hanno «Fort Knox», gli spagnoli hanno infatti la Costa del Sol: da Gibilterra a Huelva, poco più di 200 chilometri di litorale letteralmente pieni zeppi di quelloro trasportato dagli oltre 700 vascelli che, dal periodo romano fino agli inizi del Novecento, sono affondati in questo tratto di mare. Secondo gli archeologi marini, sepolto dalla sabbia della costa meridionale iberica cè tanto oro da far impallidire le riserve monetarie dellintera Spagna: oltre 100 miliardi di euro.
Oggi, a distanza di secoli da quando i favolosi bauli sono finiti in fondo al mare, si è scatenata una nuova battaglia internazionale sulla proprietà di tutto quelloro.
Da una parte lo Stato spagnolo, ben determinato a non permettere a nessuno di accaparrarsi quella che lui ritiene essere una sua proprietà, dallaltra i moderni cacciatori di tesori, che con mezzi hi-tech e spirito davventurieri daltri tempi cercano di ripescare i tesori sommersi.
Dopo che nel 2006 la «Odyssey Marine Explorations», società statunitense con base in Florida, ha recuperato dai fondali della zona monete doro per un valore di oltre 250 milioni di dollari, il ministero della Cultura spagnolo ha incaricato una commissione di archeologi marini di stilare una lista dei tesori sepolti nelle acque spagnole al fine di impedire «che altri osino rubare beni del nostro patrimonio nazionale. Ciò che hanno fatto gli americani è lequivalente di qualcuno che si porta via la Giralda (la torre della cattedrale di Siviglia ndr)».
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