Cronache

Il centro storico del mondo nel «buio» del Ducale

Il centro storico del mondo nel «buio» del Ducale

(...) Alla bellezza straniante e totalizzante della Genova che si incontra appena si esce in piazza Matteotti: via San Lorenzo e i vicoli, la città vecchia cantata da Fabrizio che da lì parte e si dipana nel più grande e bello centro storico del mondo. Che, se solo fosse curato decentemente, sarebbe qualcosa in grado di richiamare da solo migliaia e migliaia di turisti al giorno. Come la mostra, appunto.
Sono cifre che mi piacerebbe fossero applaudite anche dal centrodestra. Si può litigare su tutto, non sull’arte. E lo dico sinceramente: mi avrebbe fatto piacere vedere accanto a Claudio Burlando e a Marta Vincenzi che hanno presentato la mostra, anche Sandro Bondi, ministro dei Beni Culturali capace di capire la poesia, dotato di una sensibilità degna del suo ruolo. Ecco, mi ostino a sperare che Bondi voglia regalare a Genova qualcosa di più del triste commissariamento del Carlo Felice. Così come mi ostino a sperare che, nel centrodestra, ci sia qualcuno pronto a riconoscere, per una volta, i meriti di Borzani e della mostra.
Poi, ci si può dividere su tutto, si può ricominciare a bastonarli su altre vicende da domani. Ma sull’arte, sulla cultura, sulla capacità di volare alto, non dovrebbero esserci colori politici. Sarebbe bello. Non è possibile entusiasmarsi sul nulla, su roba come la Biennale del Mediterraneo che ha meritato commenti bipartisan senza esserci, e tacere sul molto come questa mostra. Quindi, spero, che anche il centrodestra si risvegli su questo. Con un’onestà intellettuale che, recentemente, hanno avuto su queste colonne un regista gentiluomo come Sergio Maifredi e il consigliere provinciale azzurro Lorenzo Zito, uno che era capace, da solo, di mettere pepe sulle spesso soporifere sedute di Palazzo Spinola.
Poi, certo, c’è De Andrè. Che a me piace moltissimo, ma che può anche non piacere. A un nostro caro lettore e collaboratore, come Pierluigi Gardella, ad esempio la musica di Fabrizio non piace. Ce l’ha scritto un giorno in una lettera. Ma è proprio per questo che gli consiglio doppiamente di andare a vedere la mostra. Proprio perchè va oltre De Andrè. Se è possibile andare oltre un artista che - dal punto di vista dei contenuti - insieme a Giorgio Gaber è stato l’unico così visionario da essere a tratti profetico. In anticipo di trent’anni sui tempi. Ancora attuale oggi. Talmente libero da resistere a ogni tentativo di chi voleva arruolarlo da una parte o dall’altra.
Faber forse ha contribuito a farmi innamorare di Genova prima ancora che mi innamorassi di una genovese come Loredana, tanto mugugnona e insopportabile, da cittadina doc, quanto ormai imprescindibile, vitale e totalizzante per me. Faber mi ha fatto diventare genovese, prima ancora che diventassi genovese per la carta di identità. Ha fatto di Genova la mia città prima ancora che lo fosse di fatto e, spero, per sempre. Bella come solo la bellezza sotterranea e nascosta sa essere. Soprattutto, abitata da tanta gente piccola, ma anche da tantissima gente bella. Che, magari, ci metti una vita a conquistare, anche solo per farti aprire le porte di casa. Ma che, dopo che l’hai conquistata, ti apre per sempre le porte.

Non solo di casa, ma anche del cuore.

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