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Il cervello dei robot? Nasce dall'intelligenza dei piccoli insetti

Dallo studio sulle falene ecco vere macchine pensanti. Gli scarabei «arruolati» come soldati

Michelangelo Bonessa

Se ne sono interessati i militari, come come le aziende private. E forse uno dei campioni del settore sarà tra i prossimi premi Nobel. I cyborg insetti sono sempre più un tema su cui si concentrano studiosi e investimenti, perché ormai le migliaia di applicazioni possibili di quest'idea sono sempre più tangibili: Ryohei Kanzaki, direttore del Research Center for Advanced Science and Technology (RCAST) dell'Università di Tokyo, è stato di recente insignito della laurea magistrale honoris causa in Informatica dall'Università Bicocca proprio per le ricerche e i suoi esperimenti in questo campo. Grazie all'uso delle antenne delle falene ad esempio, ha creato un minirobot in grado di riconoscere certi oggetti e trovare la strada per essi: gli insetti infatti hanno sensori sviluppatissimi, in grado di riconoscere le sostanze di loro interesse a distanze considerevoli. Per questo le applicazioni, già solo con le falene sono infinite: un esempio possono essere le falene anti gas, per evitare incidenti domestici, come quelle antidroga in grado di riconoscere facilmente un trafficante anche se ha nascosto la sua merce. Ma non sono gli unici esempi.

Ci sono altri insetti coinvolti in questo filone partito con progetti di una certa consistenza, come quelli della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) nei primi anni Duemila: la Mecynorrhina torquata, uno scarabeo che mediamente ha una lunghezza di cinque centimetri, è stato individuato da alcuni ricercatori come adatto a scopi militari. Gli eserciti, quello statunitense in testa, hanno infatti stabilito che creare da zero un insetto cyborg fosse più complicato di sfruttare i supporti creati dalla natura. Così è iniziato il lavoro su alcuni insetti su cui appunto la Mecynorrhina: è stato creato una sorta di jetpack, per certi simile a quello che permetteva a James Bond di scappare volando, che con un sistema wireless permetteva agli umani di dirigere il volo dell'insetto. La scoperta da parte della stampa di una simile tecnologia ha scatenato alcuni timori, proprio perché le applicazioni potrebbero avere un impatto devastante: dalla possibilità di spiare meglio nemici interni ed esterni, a quella di veicolare pestilenze per fiaccare la resistenza di nazioni nemiche.

Due ricercatori come Greg Gage e Tim Marzullo hanno sfruttato le loro ricerche in questo campo per renderle un'azienda: la Backyardbrains, che offre a prezzi accessibili e rende potenzialmente chiunque un neuroscienziato in grado di condurre esperimenti sugli insetti. Tra il 2011 e il 2013 hanno creato i primi chip da applicare agli scarafaggi per controllarne i movimenti con una app. Un progetto che aveva comunque una scadenza: in breve tempo la mente e il corpo dello scarafaggio riescono ad adattarsi al sistema di controllo ignorandolo. Le ricerche però non finiscono: l'agenzia DARPA, che per altro è nota per aver sviluppato una delle prime grandi infrastrutture internet, ha lanciato a gennaio un nuovo bando per cercare progetti innovativi per trasformare il cervello degli insetti in quello dei nuovi robot. Come hanno evidenziato anche gli studi del professor Kanzaki infatti il cervello degli insetti è infinitamente più piccolo di quello di altri animali, ma è in grado di gestire sensori di complessità avanzatissima. Il nuovo bando vuole trovare nuovi modelli per la gestione dei robot di nuova generazione, iniziando anche a esplorare un nuovo campo: se gli insetti sono utili perché con pochissimi neuroni riescono a gestire funzioni di base e sensori avanzati come le antenne, sono pure in grado di registrare esperienze, cioè un primo livello di coscienza. E proprio questo interessa molto gli scienziati alle prese con l'intelligenza artificiale.

Ma ci vorranno ancora molti anni di studi per sapere se le prime coscienze artificiali saranno impostate sulla mente di una falena.

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