«Cesare», riparte il valzer dei soprannomi

Se Augusto era «primus inter pares», Cesare è solo «ultimus inter soprannomes». L’epiteto imperiale con cui la cricca di Lombardi & C. si riferirebbe a Silvio Berlusconi, infatti, non è che l’ennesimo nomignolo affibbiato ai politici, vezzeggiati o canzonati a piacere.
BOKASSA MANGIAVA MORTADELLA
D’altronde, il Cavaliere aveva già battuto ogni record in termini di soprannomi, quasi da querela: da Banana (o Bandana) al morettiano Caimano, dal travagliesco Al Tappone a Papi (Noemi Letizia docet), fino agli epiteti di Beppe Grillo, Psiconano o Testa d’asfalto. Staccato di chilometri il suo predecessore Romano Prodi, fermo a due: Professore e Mortadella, in onore della sua bolognesità e del suo faccione roseo. Due soprannomi anche per Bettino Craxi, che passò alla storia come Cinghialone e Bokassa, a sottolinearne la taglia XL e il piglio decisionista. Un solo epiteto invece per Giuliano Amato: Dottor Sottile. Unico a rivaleggiare con Berlusconi in quanto a soprannomi, Giulio Andreotti: lui, anima della prima Repubblica, fu Divo Giulio, il Gobbo, Vecchia volpe e perfino Belzebù.
PICCONATE AL CONIGLIO MANNARO
L’arte del soprannome nasce con il Mascella Mussolini, il Migliore Togliatti e il Sardomuto Berlinguer e arriva al Pentapartito in un fiorire di originalità. In primis, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga diventa il Picconatore in virtù dei suoi attacchi, e a sua volta ribattezza Luciano Violante “Piccolo Vishinskij”, Achille Occhetto “Zombie coi baffi” e Francesco Rutelli “Cicciobello”. Così, mentre tutto crolla sotto i colpi di Tangentopoli, l’ex dc Arnaldo Forlani diventa Coniglio mannaro perché mite ma feroce, e il socialista De Michelis, abile danzatore, Avanzo di balera.
PESCI, ANFIBI E BESTIE FEROCI
Dal coniglio in poi, il Palazzo è ormai uno zoo. All’ex presidente del Senato Franco Marini, detto Lupo marsicano in quanto abruzzese, si sono sommati il ruspante Teodoro Bontempo, detto Er Pecora, l’ex premier Lamberto Dini, ribattezzato il Rospo e pure Renzo Bossi, detto il Trota. Senza contare la Topolona (copywright Dagospia) Elvira Savino, la parlamentare più glamour, e Topo Gigio Veltroni, più cartone animato che animale vero.
MEFISTO CONTRO DRACULA
Tra l’altro è acclarato che l’ironia è bipartisan, non si salvano né camerati né compagni. A destra brillano Gianni “Retromanno” Alemanno e Ignazio “Mefisto” La Russa, Daniela Santa-de-ché e Gianfranco “Er caghetta” Fini, così sbertucciato dagli ex missini perché poco incline alle risse negli anni ’70. A sinistra è un profluvio di fantasia. Se D’Alema è alternativamente il Leader Massimo, Baffino o Spezzaferro, Fassino è Grissino in lode alla sua silhouette, il mesto Franceschini è Su-Dario e l’ex ministro Visco è Dracula. Per non parlare degli eredi della falce e martello: nella sinistra radicale spiccano Fausto “Berty-Night” Bertinotti, il comunista calvo “Yul” Marco Rizzo, il comunista sardo Oliviero “Diliberja”, il sinistro-e-libero “Nikita” Vendola. Ormai super partes il capo dello Stato, l’ex Principe rosso Giorgio Napolitano. Nessuna pietà anche al centro. Nell’area di Forza Italia l’ex ministro Claudio Scajola ha ereditato il soprannome Sciaboletta da Vittorio Emanuele III; tra i margheritini, in Arturo Parisi si è reincarnato Alì il chimico o il Negus; nell’Udc e dintorni Casini è diventato Pier Furby e l’ex centrista Follini si è trasformato in Harry Potter.
COLLA E POMATA
Insomma, c’è chi paga una caratteristica fisica (l’ex leader Cgil Cofferati, detto il Cinese per il taglio degli occhi) e chi sconta un comportamento (Riccardo “Vinavillari”, incollato alla poltrona della commissione Vigilanza Rai). C’è chi sconta i capelli ingellati (Luca Zaia, detto Er Pomata da quando faceva il pr in discoteca) e chi la vocina querula (Rosetta “Gnegnè” Iervolino).

E chi invece sfoggia soprannomi tra il popolare (Er Piotta, Paolo Cento) e il solenne (Guglielmo Epifani detto “Giovane Werther” o Roberto “il Celeste” Formigoni). E c’è chi non sfugge al ridicolo, dal governatore ligure Gerundio Burlando all’ex governatore campano Antonio Bassolino, detto Totonno o’cacaglio. Roba che, al confronto, a Nick o’mericano Cosentino è andata di lusso.

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