RomaLe telefonate di Sergio Marchionne ai sindacati che si sono spesi per il sì allaccordo e a Maurizio Sacconi sono arrivate mentre tra fabbriche e palazzi dellinformazione rimbalzava lipotesi peggiore. Erano in molti ieri a credere a un ritorno del «piano B», la rinuncia della Fiat a Pomigliano, perché lazienda si aspettava una percentuale di favorevoli intorno all'80 per cento e non il 62 per cento di «sì» uscito dalle urne. Notizia - quella di un ritorno di fiamma polacco del Lingotto - smentita in diretta telefonica dallamministratore delegato di Fiat alle parti che si sono sporcate le mani nella trattativa e poi con un comunicato ufficiale che, di fatto, va nella direzione opposta rispetto a quello che voleva la Fiom-Cgil. Sindacato antagonista, che ora rischia di rimanere fuori dalle trattative.
Rassicurato Luigi Angeletti, che era preoccupato dalla delusione della Fiat: «Se in Italia le uniche cose che si possono fare sono quelle che si fanno allunanimità non si fa più nulla». Più che soddisfatto il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, al quale Marchionne non ha fatto fatica a confermare che il Lingotto «ha firmato un patto e noi i patti li rispettiamo». Il leader della Cisl ha rassicurato a sua volta limpegno della seconda confederazione nellattuazione dellaccordo che porterà nello stabilimento campano la nuova Panda. Poco dopo la telefonata, Bonanni commentava soddisfatto: «Impari chi ha ciarlato. Noi abbiamo fatto un grande capolavoro a favore di Pomigliano e dei lavoratori. Oggi la notizia è il referendum e la conferma che la Fiat voglia fare gli investimenti».
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che per tutta la trattativa non ha calcato la mano nei confronti della Cgil, ieri spiegava che laccordo separato ha dato risultati positivi: «Certamente sarebbe meglio non avere queste divisioni nel mondo del lavoro, però sarebbe peggio che in nome di queste non si decidesse. È positivo il fatto che non si accettano veti, che si negozia pazientemente, ma che alla fine si decide e si va avanti». Adesso «bisogna attuare accordi e verificare anche con coloro che non hanno firmato ladesione a quel modello, e io sono sicuro che nessuna organizzazione voglia sabotare il modulo di lavoro che può attrarre gli investimenti sulla Panda». Amaro il segretario della Uilm, Rocco Palombella, critico con la Fiom di Mirafiori che ha solidarizzato con i lavoratori di Pomigliano. «Se non accettavamo, i lavoratori rimanevano in mano solo con i principi, ma non lavoravano. Gli altri stabilimenti, Mirafiori in testa, non devono dare la solidarietà a Pomigliano, ma a Termini Imerese».
Un altro punto da chiarire per i sindacati che hanno vinto il referendum - oltre alla fondatezza delle voci su un disimpegno Fiat - era la reazione del Lingotto allappello delle tute blu della Cgil. Il neo segretario Fiom, Maurizio Landini, forte del buon risultato del «no», ha chiesto alla Fiat di riaprire il tavolo. Persino Susanna Camusso, vice segretario generale della Cgil ha sostenuto la richiesta della Fiom di ripartire da capo con una nuova trattativa e ha dato la sua lettura del referendum: «I sì per il lavoro e i no per non cancellare i diritti».
Marchionne ha respinto le richieste della Cgil proprio mentre era in corso la conferenza stampa fiume di Landini, con un comunicato che, secondo le parti che hanno firmato laccordo, può diventare un punta di svolta nelle relazioni industriali del Paese.
Sicuramente un cambiamento importante per la Fiat, grande azienda da sempre sensibile alle posizioni della Cgil, ma che dora in poi, almeno per quanto riguarda Pomigliano dArco, farà accordi solo con chi ha siglato lintesa che ha evitato la chiusura e il dirottamento di 700 milioni di euro allestero.
Un esito inaspettato anche per la Fiom, che ieri, per un po, ha avuto lillusione che il vento stesse cambiando, ma che ha finito per raccogliere solo critiche, come quella della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: «Cè un sindacato che non comprende le sfide che abbiamo davanti».
Rimane lincognita di cosa farà adesso la Fiom.
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