L’America di Obama può. Può arrestare 700 persone perché occupano una strada senza che il mondo, il nostro mondo, gridi alla sospensione dei diritti democratici. Succede che a New York ci sono gli indignados che stazionano nella zona sud della città per protestare contro i potenti di Wall Street. Succede che un migliaio di persone cercano di attraversare il ponte di Brooklyn per raggiungere quelli che sono accampati vicino alla Borsa. Succede che la polizia avverte: camminate sul marciapiede, nessuno invada la carreggiata delle auto, altrimenti interveniamo. Succede che invece succede: gli indignados si mettono sulla strada, dove passano le automobili, e i poliziotti intervengono: fermati, bloccati, arrestati. Senza storie e senza pensarci. Gli agenti li ha mandati il dipartimento di polizia che dipende dal Comune quindi dal sindaco Mike Bloomberg.
Obama non c’entra direttamente, ma c’entra ugualmente. Perché l’America è sua, ora, e da quando è sua per molti è un Paese diverso: più umano, più libero, più democratico. Invece è esattamente come prima: chi non rispetta le regole paga. Uno può condividere o meno, però è così. Per il momento la Casa Bianca condivide: nessuno dell’amministrazione di Washington ha commentato negativamente la reazione della polizia di New York. I manifestanti denunciano aggressività che sfiora la violenza, il New York Times racconta che ufficiali e sottufficiali hanno esagerato, eppure nessuno del governo federale esprime giudizi: per rispetto dell’autonomia e dei ruoli del comune di New York e forse anche perché nessuno ritiene che gli eventuali eccessi degli agenti siano così gravi. C’è un filo logico, quindi. Silenzio uguale assenso.
Non stupisce nessuno, in fondo. Il paradosso è nostro, semmai. Perché i telegiornali italiani raccontano la notizia come se la polizia abbia agito senza il consenso dichiarato del sindaco e di quello tacito della Casa Bianca: agenti violenti, metodi esagerati, reazioni spropositate. Come a dire: la sospensione dei diritti democratici se c’è stata, è arrivata solo da parte della polizia. È l’atteggiamento opposto a quanto avvenne, per esempio, per i fatti del G8 di Genova: i processi hanno condannato i poliziotti e i loro superiori, ma i complottisti di ogni ordine e grado continuano a sostenere che i mandanti siano comunque in un altro livello. Quello politico. Oggi non vale, oggi non c’è, oggi la politica è salva e i suoi principi sono salvaguardati. È la solita storia della doppia velocità: se David Cameron, in Gran Bretagna, arresta i teppisti che mettono Londra a ferro e fuoco c’è sempre qualcuno che alza il dito e dice che così non si fa, che non si può, che non si deve, che non si può limitare il legittimo dissenso delle masse. Se l’Italia si permette di fermare qualcuno che esagera in una manifestazione pubblica, o anche solo di bloccare un corteo non autorizzato, arriva subito l’ondata di proteste: si parte dal basso e si arriva all’alto, ai leader politici, ai costituzionalisti, ai professoroni. La conclusione è sempre la stessa: chi manifesta vale sempre di più di chi comanda.
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