E così è rispuntato il dialogo. Puntuale come una tassa, inevitabile come la casella del via al Monopoli: di che cosa parliamo oggi? Milan e Inter non giocano, Roma e Lazio neppure, sul sesso degli angeli abbiamo già detto tutto. Allora dài, forza, ci facciamo due chiacchiere intorno al dialogo che, ormai, è diventato peggio del mullah Omar: tutti ne parlano, nessuno l'ha mai visto. E sinceramente ci saremmo anche un po stancati di affrontare largomento, se non fosse che ogni tre per due ce lo mettono davanti agli occhi. Ti distrai un attimo e zac: te lo ritrovi pure nel caffelatte del mattino.
Ma dialogo con chi? De che? Laltra sera ero ospite a Ballarò e ho respirato un clima da volemose bene così zuccherino che, per fortuna, non soffro di diabete altrimenti avrei rischiato il coma. Rutelli e Di Pietro, come il gatto e la volpe, avevano messo la faccia di circostanza delle grandi occasioni: cè la crisi, ci vuole il dialogo. Ho provato a obiettare a Di Pietro come sia possibile definire Berlusconi Hitler e poi chiedere di dialogare con lui. Niente da fare. Era deciso a mostrarsi buono. Infatti in chiusura di trasmissione Floris ha voluto sottolineare latmosfera mielosa in studio. «Te l'aspettavi?», mi ha chiesto. E io: «No. Se dura la chiameremo la svolta di Ballarò».
Ma la svolta di Ballarò è durata il tempo di spegnere le telecamere. Poi sono ripresi gli insulti. Mentre scrivo escono agenzie in cui il dialogante Di Pietro ribadisce che Berlusconi è un «corruttore politico» e invita tutti a resistere prima di diventare «sudditi». Sudditi del dittatore, s'intende. Bersani e Gentiloni tirano fuori dalla naftalina il conflitto d'interessi. E nel frattempo Veltroni continua la sua marcia a intermittenza che prevede un giorno a muso duro e laltro piagnucolante al telefono. Ieri era giorno dispari, quindi aveva il muso duro: ha alzato i toni scoprendo il diritto alla guerra preventiva sulle decisioni del governo. Dice dialogo, e intende potere di veto.
Daltra parte laltro giorno sullUniversità sè visto come intendono il dialogo quelli del Pd. Avevano chiesto delle correzioni al provvedimento del governo, le correzioni sono state accolte. E loro hanno votato no lo stesso. E allora? Perché perdere tempo? Labbiamo ripetuto mille volte, ci spiace annoiarvi ma è necessario ripeterlo ora: di fronte allemergenza che avanza gli italiani vogliono decisioni, non dialogo. La social card varrà pochi spiccioli, come dicono gli snob, ma il dialogo vale ancor meno. I provvedimenti sul mutuo forse non risolvono il problema della casa, come dicono gli scettici, ma il dialogo non risolve nulla.
In più, in queste ore, viene da chiedersi a che serve dialogare con Veltroni, che, oltre a essersi sempre dimostrato inaffidabile, ormai sembra arrivato alla fine della corsa. Dopo la figuraccia rimediata alla vigilanza Rai, dove ha dimostrato di muoversi nel terreno della politica con la stessa abilità con cui un dromedario si muove in Groenlandia, i suoi sono usciti allo scoperto. I dalemiani gli fanno la guerra, i popolari gli fanno la fronda, la Finocchiaro si candida a succedergli, Enrico Letta invoca per il 19 dicembre un ribaltone. DAlema rispunta fuori e al Tg1 chiede un «chiarimento politico», che in sinistrese significa la resa dei conti.
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