Che Spreco Bollani all'una di notte

di Paolo Giordano

Fosse la volta buona. Qualcuno diceva: «Mai sottovalutare il pubblico perché non è così fesso come ai fessi fa comodo credere». E gli ascolti di Sostiene Bollani, sapete lo show musicale di Stefano Bollani (domenica sera su Raitre tardi tardissimo, in programma altre cinque puntate), sono lì a dimostrare che è proprio vero. Ottimi. Mai sottovalutarlo. Nonostante un ritardo di quasi venti minuti sulla media della seconda serata che ormai è virtualmente terza, ha contabilizzato 440mila spettatori con il 5.31 per cento di share. Per farla breve, parlando e cazzeggiando di jazz, dalle 23.56 alle 0.51 non si è distaccato dai risultati di frequentatori abituali di quella fascia oraria su quella rete, come Gnocchi e Bertolino. Dunque il nostro jazzista più agile si è messo sottobraccio le battute dell’«apprendista» in studio Caterina Guzzanti (dai, non erano esaltanti) e ha fatto ciò che fa di solito: viaggiare. Con la musica tutta, e quindi non solo con il jazz, su di una tastiera come palcoscenico e con un pianoforte sorretto da una giantesca mano.
A chi gli chiedeva cosa fosse il jazz, Louis Armstrong rispondeva: «Amico, se lo devi chiedere non lo saprai mai». Il jazz è una lingua della musica, forse quella che nel Novecento ha più influenzato tutte le altre. E Bollani, con gli altri due virtuosi del suo Danish Trio, l’ha usata a modo proprio cioè guascone, improvvisando sketch e monologhi e canzoni, flirtando musicalmente con Irene Grandi e con il clarinettista Gabriele Mirabassi come se non ci fossero barriere o bastasse un oplà a superarle. Ha infiocchettato un programma jazz parlando anche di rock, blues, pop e canzonette con quella propensione a «fare il cretino» che i puristi jazz gli rimproverano ma che fa di lui anche un grande divulgatore di musica. E qui ci siamo. Sganciato dal contesto agonistico dei talent show e senza la rigidità imposta dai tradizionali tempi tv, Sostiene Bollani è il visto d’ingresso nel mondo della musica per conoscerla meglio. Magari appassionarsene. E senza dubbio stracciare l’insopportabile luogo comune che la tiene lontana, anche nelle scuole o nella percezione collettiva, dall’idea di cultura e quindi di arte. Perciò perché non anticiparla alla vera seconda serata? Mai sottovalutare il pubblico.

E, soprattutto, convincersi che (esempio) la spiegazione sugli errori di Chopin e Thelonius Monk all’una di notte è un po’ ostica. Ma, tre ore prima, sarebbe l’incrocio perfetto tra servizio pubblico ed entertainment (se a farla è Bollani, mica un purista talebano).

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