Cronaca locale

Chi si vede, il «San Paolo» di Rubens

Visite gratuite in occasione della presentazione del programma 2006 del Progetto Telecom Italia

Marta Bravi

Un’occasione veramente unica quella che offre Progetto Telecom Italia: oggi dalle 14 alle 18 sarà possibile ammirare gratuitamente il «San Paolo» di Rubens a Palazzo Clerici, nell’omonima via. Il quadro, che fa parte della serie dei dodici «Apostoli» e del «Cristo», appartiene alla collezione privata della famiglia Pallavicini, che ha deciso di «offrirlo» alla contemplazione del pubblico milanese come anteprima dell’appuntamento romano della seconda serie dell’iniziativa «Capolavori da scoprire».
Niccolò Pallavicini, del ramo ligure della famiglia, conobbe Rubens nel 1607 quando il duca di Mantova fu suo ospite a Genova. A Pieter Paul Rubens (1577-1640), arrivato in Italia nel maggio del 1600 per compiere i suoi studi, Vincenzo I Gonzaga duca di Mantova offrì di diventare pittore di corte, carica che conservò per tutto il soggiorno italiano, fino al 1608. Dunque il pittore fiammingo fu nel capoluogo ligure al seguito del duca di Mantova e fu proprio lì che dipinse la serie di tavole «Cristo» e i dodici «Apostoli». I due rami della casata Pallavicini si riunirono nel 1708 quando Giovanni Battista Rospigliosi e Maria Camilla Pallavicini acquistarono il romano palazzo Pallavicini, dove vivevano da anni, facendone la sede della famiglia riunificata. In questa occasione Maria Camilla ereditò la serie dei dodici «Apostoli» e di «Cristo» di Rubens e uno splendido ritratto della moglie del pittore.
La serie romana presenta uno stretto parallelo con la serie di «Apostoli» custodita al Museo del Prado di Madrid, che non comprende, però, il quadro del «Cristo», identificato con quello custodito alla National Gallery di Ottawa. La serie Pallavicini è l’unica che si è conservata completa.
In realtà sembra che le tavole degli «Apostoli» e del «Cristo» siano state eseguite dalla bottega di Rubens, che intervenne, però, in molte parti dei quadri ritoccando probabilmente tutte le teste dei personaggi. Per far fronte alle imponenti commissioni, Rubens preparava un cartone e lasciava ai suoi discepoli la trasposizione dell’idea figurativa nella sua forma ultima, separando così l’idea pittorica dalla sua esecuzione, come voleva la teoria classicheggiante italiana.
L’intero gruppo di opere è databile intorno al 1620, come conferma la lettera che Rubens stesso scrisse all’ambasciatore inglese nel 1618 ad Anversa in cui elencava i quadri che aveva in casa, tra i quali, al prezzo di 50 fiorini l’uno: «Dodici apostoli con un Cristo fatti di miei discepoli dall’originali.... dovendosi ritoccare di mio mano in tutto e per tutto».
Le tredici tavole sono citate anche nel 1655 nell’inventario della cappella del palazzo di Anversa di Giovanni Battista Pallavicini, dopo la morte del quale furono spediti a Genova dal fratello Stefano. Nel 1679 le troviamo nell’inventario del cardinale Lazzaro Pallavicini.

Da allora sono esposti nel Salone Giallo di Palazzo Pallavicini.

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