Dovevamo capirlo subito. Dovevamo capire subito che quel matrimonio era un atto forzato, non uno slancio di passione autentica. Uno, Antonio Conte, allenatore sulla rampa di lancio, fresco di promozione in serie A col Bari, rivelazione del torneo, aveva atteso invano che si aprisse il portone della Juventus per farvi ingresso trionfale. Niente. La curva laveva sponsorizzato ma non è la piazza, nè qualche tribuna televisiva, che può scegliere lallenatore della Juventus. Che pure è stato, ai tempi belli e spensierati di Lippi, il capitano. Così, alla fine, preso atto della scelta diversa di casa Fiat, la promozione di Ciro Ferrara cioè sulla scia di Ranieri, Antonio Conte si decise a raccogliere linvito del Bari promettendo dinanzi alla folla pugliese in delirio, eterna fedeltà.
È durato appena tre settimane quellaccordo precario, come tra due fidanzati che si lasciano per colpa di una lei e si riprendono dopo che la signorina ha respinto le avances del pretendente. Non è più vero amore che tutto brucia e vince, ma solo un po di evidente convenienza. Ieri mattina, allimprovviso, lannuncio del clamoroso divorzio tra il Bari e Antonio Conte, figlio di incomprensioni ripetute sul calcio-mercato, sulle dimensioni degli investimenti e sui tempi di realizzazioni. Antonio, leccese di anagrafe, aveva chiesto di rivoltare come un calzino la squadra che aveva guadagnato sul campo la promozione in serie A e di procedere allacquisto di 15 nuovi elementi. Una rivoluzione, insomma. Dal costo spaventoso se realizzato in pochi giorni, acquistando ai prezzi di mercato, gli elementi suggeriti da Conte stesso.
Il Bari consigliava prudenza, Conte ha preso cappello per la lentezza e ha colto al volo lofferta di rescindere in modo consensuale il contratto per liberarsi di un anello che pesava come un macigno alla caviglia. «Cè stato un equivoco di fondo» ha spiegato Vincenzo Matarrese, il presidente in una conferenza stampa celebrata mentre 500 tifosi, preoccupati dallepilogo della vicenda, attendevano notizie rassicuranti sulla materia allesterno delle stadio: «Dopo la vicenda con la Juve non era più lui. Il successo lo ha cambiato». Così le notizie confermate informalmente dallo stesso Perinetti, il ds, sono proprio queste: Conte ha ottenuto la rottura. Che non è maturata per colpa della cessione di Guberti alla Roma ma solo per i tempi di realizzazione del piano industriale del Bari dietro il quale non cè Abramovich ma la famiglia Matarrese, neanche molto entusiasta visto che alle ultime elezioni Tonino Matarrese, fratello di Vincenzo e presidente della Lega, era finito nella lista che avrebbe dovuto sfrattare il magistrato Emiliano dalla carica di sindaco. Conte reclamava i rinforzi e li voleva subito, in modo da schierarli entro il 12 luglio, giorno deputato allinizio della preparazione. «Devono cominciare a fare i lavori preparati da Ventrone (il preparatore atletico ex Juve, ndr)» la spiegazione passata al ds del Bari che lo scoprì a Siena come secondo di De Canio ed ebbe il coraggio di suggerirlo al Bari. Niente. Antonio Conte non ha sentito spiegazioni.
Perciò Matarrese ha deciso di chiudere in anticipo il rapporto con Conte, troppo rigido, intransigente come quando allena. «Pensava di trovarsi alla Juve e invece era a Bari» la battuta fulminante di un dirigente, mentre lui in serata ha detto la sua: «Volevo allenare in A con le mie idee, avevo chiesto 10 giocatori alla nostra portata. Venuta meno la fiducia me ne sono andato. Grazie a società e tifosi». A Conte, il divorzio seguito ad appena 3 settimane dalla firma del preliminare di contratto (scrittura privata non ancora depositata in Lega), frutterà lo stipendio pattuito.
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