da Venezia
Ma siamo al Lido di Venezia o sulla battigia di Lampedusa? Magari più di uno se lo chiederà non appena la Mostra Internazionale dArte Cinematografica snocciolerà alcuni dei tanti titoli italiani attesi in laguna da domani, giorno dinaugurazione, fino all11 settembre.
Sì perché questanno, più che un filo rosso, sembra esserci un vero e proprio comune denominatore con opere tutte incentrate sui temi dellimmigrazione, del multiculturalismo e dellimmigrazione. Per carità si tratta di fenomeni allordine del giorno, la cronaca più recente con gli sbarchi libici a Lampedusa bussa costantemente alle porte delle nostre case via telegiornale. Certo però è curioso che dopo anni di sostanziale abbandono del «genere», in una manciata di giorni vedremo una decina di lungometraggi in cui gli immigrati sono i protagonisti assoluti. È solo frutto del caso? Possibile che registi eterogenei come Olmi, Crialese, Patierno, solo per fare qualche nome, si siano trovati ad affrontare, naturalmente con declinazioni molto diverse, le stesse tematiche? I film ancora non li abbiamo visti, certo, ma il dubbio che alcuni argomenti, molto politicamente corretti (terzomondismo di sinistra?), vengano utilizzati come rifugio per artisti in cerca di ispirazione si fa sempre più concreto. Sicuramente siamo un passo avanti rispetto ai film con le classiche due camere e cucina, sempre più ombelicali. Ma ora siamo al paradosso con gli immigrati fulcro narrativo di ogni nuova pellicola.
Così Emanuele Crialese, dopo il successo di Respiro, torna con Terraferma in Concorso e su un isola - in questo caso Linosa - per raccontare una storia di due donne, unisolana meridionale e unafricana unica sopravvissuta sul suo barcone, alla ricerca di un futuro migliore per i loro figli. Allorizzonte il sogno di Torino dove ci sarà lavoro anche per il nuovo nato - proprio sullisola - frutto però di uno stupro in un carcere libico. Come si vede, lampio spettro degli orrori delle varie immigrazioni - esterne e interne - è pienamente rappresentato. Più filosofico, da apologo morale, lapproccio di Ermanno Olmi che con il suo Il villaggio di cartone (Fuori Concorso) immagina un vecchio prete di fronte alla dismissione, come unauto da rottamare, della sua chiesa che non serve più. Ma proprio quel luogo, senza più crocifisso e con i muri nudi, diventerà ancora più sacro perché lì troveranno ospitalità molti migranti giunti in Puglia dopo lunghi ed estenuanti viaggi. «Non più la chiesa delle cerimonie liturgiche, degli altari dorati - scrive con enfasi Olmi nelle note di regia - bensì Casa di Dio dove trovano rifugio e conforto miseri e derelitti. Saranno costoro i veri ornamenti del Tempio di Dio».
Molto peggio purtroppo è andata ai sei nordafricani uccisi dalla Camorra in una sartoria di Castel Volturno nel casertano nel settembre del 2008. Su di loro è incentrato Là-Bas di Guido Lombardi, interessante opera prima presentata alla 26a Settimana Internazionale della Critica. Mentre nellaltra sezione parallela, le Giornate degli Autori, si vedrà Io sono lì, primo film di finzione del documentarista Andrea Segre, storia di unimmigrata cinese che fa la cameriera a Chioggia dove conosce un pescatore. Appena però il loro rapporto diventa più stretto saranno i colleghi di lavoro di lui a mostrare tutti i peggiori pregiudizi neanche tanto nascosti nelle pieghe della società.
Accanto a immigrati «veri», alla Mostra sbarcheranno anche quelli metaforici impersonati da alieni che verranno trattati come extracomunitari. È il caso di Larrivo di Wang dei Manetti Bros (in Controcampo Italiano) su un extraterrestre che parla solo cinese o dellattesissimo Lultimo terrestre del fumettista Gipi (in Concorso) in cui larrivo degli alieni è accompagnato dalle paure della gente: «Ci ruberanno il lavoro come i cinesi?».
Di tuttaltro registro - trattasi di commedia, finalmente - Cose dell'altro mondo di Francesco Patierno (in Controcampo Italiano), lunico a essere ambientato al Nord e per questo inviso alla Lega che lha accusato di rappresentare i settentrionali come dei sempliciotti un po stupidi. Protagonista un istrionico Diego Abatantuono, industriale e mattatore di una tv privata dove si diverte a mettere in scena un teatrino razzista in cui si augura che gli immigrati scompaiono.
Tranquilli però, è solo un film.
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