Ciampi e Cossiga critici Andreotti nega il voto

da Roma

Giulio Andreotti non risponde alle chiame, esprimendo di fatto il suo «no» alla Finanziaria e soprattutto al suo surrogato: il maxi emendamento da oltre 1.500 commi. Sergio Pininfarina è assente. Con il loro «sì» gli altri cinque senatori a vita contribuiscono in maniera determinante a far passare la fiducia. Francesco Cossiga, lo fa turandosi il naso di fronte all’obbrobrio rappresentato dal «maxi». E anche Carlo Azeglio Ciampi non nasconde il suo malcontento: «Approvo la Finanziaria, ma disapprovo il maxi emendamento», dice nel suo intervento a palazzo Madama.
L’ex capo dello Stato, stavolta sembra parlare più da ex ministro del Tesoro ed ex governatore di Bankitalia che da senatore a vita. Un anno fa, quand’era ancora presidente della Repubblica, esternò il suo disappunto nei confronti del maxi emendamento del governo di centrodestra con una nota ufficiale del Quirinale. Ed ora, davanti al «lenzuolo» da 1.365 commi del governo Prodi, tessuto e rattoppato tante volte da risultare inguardabile, Ciampi ovviamente non può tacere. Vota sì, dunque, ma rimarca «con disapprovazione che questo modo di legiferare con articoli di legge composti da innumerevoli commi, oltre mille, è improprio: un modo di procedere - afferma con decisione - che occorrerà dismettere».
Ogni volta, a sessione di bilancio conclusa, si levano le voci da ogni schieramento: la Finanziaria è da rifare, non si può andare avanti così, inzeppandola di mille provvedimenti. Anche Ciampi non si sottrae al rito, sollecitando la revisione del processo di bilancio «alla luce dell’esperienza degli ultimi dieci anni». Allo stesso tempo, l’ex governatore non se la sente di allinearsi con Giulio Andreotti che all’indigeribile maxi polpettone avrebbe preferito il ricorso all’esercizio provvisorio. «Sarebbe dannoso per il Paese - spiega - entrare nell’anno nuovo con il regime dell’esercizio provvisorio, che viene evitato dal 1998», quando - guardacaso - alla guida del governo era proprio Romano Prodi, e sulla poltrona di ministro del Tesoro, in via XX Settembre, sedeva lo stesso Ciampi.
Un secondo «sì» alla Finanziaria condizionato dal giudizio negativo sul ricorso al maxi emendamento viene da un altro ex capo di Stato, Francesco Cossiga. «Voto a favore con serie riserve dal punto di vista giuridico e della correttezza politica, perché formulare un maxi emendamento da 1.365 commi è, insieme, ridicolo e aberrante». Spiega Cossiga, indossando il tocco da professore universitario, che se il voto di fiducia fosse un contratto fra il governo e i senatori, «esso sarebbe certamente invalido, per ignoranza e per mancata approvazione espressa delle clausole vessatorie». L’ex presidente è convinto che, in una situazione di quasi parità come l’attuale, i senatori a vita dovrebbero astenersi. Ma nel caso della Finanziaria «prevale la salus rei publicae», aggiunge Cossiga che comunque regala un brivido alla maggioranza risultando assente alla prima chiama.
Assente a entrambe le chiame, invece, Giulio Andreotti, che palesa così il suo voto decisamente contrario. Alla vigilia della fiducia, l’ex pluripresidente del Consiglio aveva detto apertamente di preferire l’esercizio provvisorio del bilancio a una Finanziaria racchiusa in un maxi emendamento di fatto sconosciuto al Parlamento. Né le parole di Ciampi sugli effetti negativi dell’esercizio provvisorio gli hanno fatto cambiare opinione: «Ognuno ha le sue idee... non è la Bibbia».

E aggiunge: «L’aver presentato un documento con 500 cose diverse non mi piace per principio. È un autobus - dice ancora Andreotti, riferendosi al maxiemendamento che ha sostituito la Finanziaria - in cui si sono ficcati tutti, uomini, bestie e altri».

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