Cinema d’azione

RomaVedrete che lo liquideranno con superficialità. Perché quando l’Amore per la Famiglia diventa il valore maiuscolo e assoluto su cui ruota tutto un film, chissà perché, c’è chi storce il naso sentendo puzza di retorica. Così anche il pluripremiato Paul Haggis (due Oscar come regista e sceneggiatore di Crash - Contatto fisico) per il suo nuovo The Next Three Days ha trovato negli Stati Uniti mura critiche e scarso pubblico. Vedremo ora come risponderanno gli spettatori italiani che da venerdì potranno seguire questo avvincente thriller familiare in 450 schermi distribuito da Medusa. E sì che per il ruolo di John Brennan, un anonimo professore d’inglese che una sera all’improvviso, di fronte al figlioletto, si vede piombare la polizia in casa venuta a portare via la moglie accusata di omicidio, Haggis (anche produttore) ha voluto uno degli attori più amati di Hollywood, Russell Crowe. Che poi è una scelta interessante perché l’interprete del Gladiatore è neozelandese e Haggis canadese, insomma due sguardi un po’ esterni e critici sugli Stati Uniti tanto che The Next Three Days potrebbe essere anche letto come un atto di accusa del sistema giudiziario americano pronto a condannare una donna per un omicidio che non ha commesso (agghiacciante la battuta in cui il suo avvocato, dopo aver perso l’appello, sconsiglia di ricorrere alla Corte Suprema perché tanto è inutile).
Rivela il regista venuto a Roma a presentare il film, remake del francese Pour elle di Fred Cavayé con Vincent Lindon: «Ho amato l’originale che ho trovato molto forte e potente. Abbiamo uno scenario classico alla Hitchcock con un uomo assolutamente comune che, all’occorrenza, si caccia in situazioni straordinarie. Non può sopportare di vedere la moglie e il figlio soffrire per la separazione. Ma quando scopre ciò che occorre per tirarla fuori dal carcere, deve porsi una difficile domanda: "Salveresti la donna che ami sapendo che nel farlo ti trasformeresti in qualcuno che lei potrebbe non amare più?"».
Ecco allora che Russell Crowe («Un attore riflessivo, generoso e pieno di attenzioni», dice Haggis a smentire la fama di cattivo ragazzo) ha solo tre giorni, «72 ore - come recita la pubblicità del film - per riprendersi la sua vita». Haggis gioca sapientemente la sua sceneggiatura, frutto di più d’un anno di lavoro, disseminando per oltre un’ora e mezzo di film il racconto con il piano orchestrato dal protagonista per poi immergersi in un quarto d’ora vorticoso e adrenalinico con la programmata evasione. «Mi piace indagare la natura del credere fermamente in qualcosa e in qualcuno. Il protagonista del mio film in realtà mette alla prova ciò in cui crede: il proprio amore per questa donna per la quale è pronto a sacrificare tutto. E in questa storia d’amore, e su cosa può fare un uomo per la sua donna, io m’identifico completamente», spiega ancora il regista di Nella valle di Elah che da un anno s’è separato dalla moglie a cui però fa ancora leggere per un giudizio le sceneggiature.


E se qui è l’errore giudiziario a essere il protagonista, Haggis, che in politica non risparmia bordate bipartisan a Bush e Obama, anticipa che anche il suo prossimo film avrà al centro un dilemma morale: «S’intitolerà Terza persona e racconterà tre storie d’amore che s’intrecciano un po’ come Crash».

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