Cinema e futuro, si può fare a meno del 3D?

Un anno fa usciva Avatar, che grazie al formato tridimensionale venne osannato come l’unica via per salvare il cinema dalla crisi. Ma il recente successo di film come Benvenuti al Sud, Che bella giornata e La Banda dei Babbi Natale dimostra che, forse, si può anche fare a meno del 3D. Voi che ne dite? 

Cinema e futuro, si può  
fare a meno del 3D?

Ma siamo sicuri che di questo 3D non se ne possa proprio fare a meno? Domani, ricorre l’anniversario dell’uscita nelle sale italiane di Avatar, film che, grazie al formato tridimensionale, venne osannato come l’unica via certa per salvare il cinema da una crisi che appariva irreversibile. Il successo planetario della pellicola di Cameron consegnò l’idea che la soluzione di tutto stava proprio negli occhialini 3D, unico strumento per vincere non solo il cancro della pirateria ma anche (Veltroni ci perdoni) per riconvertire il cinefilo refrattario alle sale cinematografiche. «Solo un’esperienza full-immersion e visceralmente coinvolgente come quella procurata da un trascinante 3-D su un grande schermo in una spaziosa sala buia può garantire l’afflusso nelle sale, convincendo lo spettatore che solo così vale la pena godersi uno spettacolo come si vede, non a casa propria», profetizzò lo stesso Cameron durante il lancio della pellicola.

E’ passato un anno e siamo qui a chiederci se questa rivoluzione ci sia realmente stata o se, alla fine, finirà tutto in una bolla di sapone come negli anni 50 quando lo stesso Hitchcock si convertì con Il Delitto perfetto all’Eldorado degli occhialini di cartone con lenti rosse e blu salvo abbandonare rapidamente il tutto convinto della inutilità della terza dimensione. Gli incassi e i biglietti staccati nel 2010 stanno lì a premiare la scelta dell’industria cinematografica di investire come non mai in questo formato; e sulle cifre non si discute. Il problema è capire se davanti ad una domanda evidentemente abbondante di 3D da parte degli spettatori sia corrisposta un’offerta all’altezza. Perché l’impressione, frequentando assiduamente le sale di proiezione, è che siano veramente pochi i titoli che qualitativamente giustificavano il sovrapprezzo del biglietto.

Il più delle volte, abbiamo assistito, durante l’anno, a 3D raffazzonati o, peggio ancora, girati in 2D e poi riconvertiti in postproduzione sulla frenesia del successo di Avatar. Il tutto con risultati pessimi come la resa tridimensionale di Scontro tra titani quella de L’ultimo dominatore dell’aria. Saremo anche romantici ma la purezza della settima arte dovrebbe sempre prevalere su tutto. Il 3D è utile se serve ad esaltare un film rendendo più «palpabile» la realtà raccontata nella pellicola, immergendo lo spettatore all'interno della storia, coinvolgendolo sia fisicamente, sia emotivamente. Se avviene il contrario, però, se cioè si stravolgono le sceneggiature per permettere a qualche personaggio od oggetto di uscire dallo schermo puntando addosso a chi è seduto sulla poltrona, come se fossimo al Luna Park, i conti non tornano più.

Si dirà che lo spettatore che va più spesso al cinema, cioè l’adolescente, non è poi così sofisticato nei gusti e che anzi, sgranocchiando pop corn (sic) il divertimento è ancora maggiore. Tutto vero come il fatto che lo stesso adolescente veniva al cinema anche prima dell’esplosione del 3D per non perdersi l’ultimo horror sanguinolento in cartellone.

Il successo al botteghino di film come Benvenuti al Sud, Che bella giornata, La Banda dei Babbi Natale e Natale in Sudafrica dimostra che l’industria cinematografica, tutto sommato, potrebbe sopravvivere tranquillamente anche senza il 3D. E noi spettatori?

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