Svolta toghe: si mettono all'opposizione

Il "programma politico" di Albano, leader Md: "Il governo scardina la democrazia"

Il giudice Silvia Albano
Il giudice Silvia Albano
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La rasoiata arriva alla fine. Silvia Albano, come scrive il Foglio, "si lascia andare". E spara ad alzo zero sul governo Meloni: "Mi pare - è l'incipit della risposta - si stia mettendo in pratica un progetto che visto nel suo complesso scardina gli architravi sui quali è stata costruita la nostra democrazia costituzionale".

Un giudizio affilato, durissimo, senza mediazioni. Quasi un allarme per la nostra democrazia, solo che a scandire queste drammatiche parole non è un leader dell'opposizione, e nemmeno uno scrittore, un regista o un intellettuale, ma un magistrato, una toga, un giudice autorevole che lavora al tribunale di Roma. Certo, ciascuno, anche un magistrato può esprimere le proprie opinioni, ma qui si pone un problema di fondo, quello si, per la nostra democrazia. Se nel nostro Paese vige la sacrosanta separazione dei poteri, come fa un esponente di punta di quello giudiziario ad attaccare a testa bassa le politiche di Giorgia Meloni? Come farà poi a giudicare serenamente, senza essere neppure lontanamente sospettato di partigianeria, gli atti o le persone di quell'esecutivo?

E in effetti, Albano è uno dei giudici che hanno bocciato su tutta la linea gli atti del governo sul fronte immigrazione, facendo a pezzi i trattenimenti dei migranti in Albania. Mai forse era capitato in modo così esplicito che una toga assai stimata, per di più Presidente di Magistratura democratica, la corrente progressista, si ponesse con tanta forza e in modo così esplicito contro un governo. Persino più di Schlein o Conte che però rispondono al popolo.

Albano è incontenibile: "Si vuole un potere assoluto della maggioranza, insofferente al conflitto, ai diritti dei singoli nel momento in cui intralciano il potere e ai controlli, che siano giudiziari o della libera stampa. Credo che ogni sincero liberale dovrebbe essere preoccupato". Insomma, saremmo sul limite dell'eversione. La presidente di Md entra nello specifico e bersaglia le diverse riforme in gestazione: "Penso all'autonomia differenziata, alla riforma del premierato, alla riforma della giustizia, alla legge sicurezza". Poi aggiunge: "Cambia non solo l'equilibrio fra i diversi poteri dello Stato, così sapientemente disegnato dai nostri costituenti nella preoccupazione di garantire che non si potesse più giungere ad una dittatura della maggioranza, ma anche il rapporto fra potere e cittadini".

Dunque, siamo, saremmo, in piena emergenza democratica o, almeno, questo si ricava dalla lettura del chilometrico colloquio. Del resto Albano ha il dono del parlare chiaro e spiega con lucidità quale è la sua visione del potere giudiziario: "In un contesto in cui l'universalismo dei diritti è ancora vigente, la magistratura assolve al ruolo di garanzia e tutela di ogni persona, qualsiasi sia il suo status". E ancora: "Sono principalmente le minoranze ad avere bisogno di una magistratura indipendente dal potere, m sicuramente non solo loro. I diritti inviolabili che integrano la dignità della persona umana vanno sempre difesi e tutelati".

È la voce di un giudice militante, ma diventa fatalmente un programma politico denso e impegnativo. Il diritto ha il diritto, ci si perdoni il bisticcio, di correggere la politica utilizzando il bazooka dei diritti fondamentali, quelli custoditi nel sancta sanctorum della prima parte della Costituzione.

Albano si congeda così dando appuntamento al referendum che con ogni probabilità si terrà l'anno prossimo sulla

separazione delle carriere, dopo l'approvazione definitiva della norma da parte del parlamento. "Considero un dovere civico dei magistrati partecipare al dibattito pubblico e alla campagna referendaria". Sempre all'opposizione.

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