Un bacio intravisto. Una compagnia di detenuti. Un laboratorio di cinema. Un delitto inspiegabile. Un confronto impossibile. Una rete di affetti uniti da un filo invisibile custodito in una prigione immaginaria: i nostri ieri. Da qui prende le mosse “I nostri ieri”, film diretto da Andrea Papini e in sala dal 9 febbraio con Atomo Film. Nel cast del lungometraggio presentato all’ultima edizione di Alice nella città anche Maria Roveran, qui anche co-sceneggiatrice.
Lei interpreta la vittima di un omicidio avvenuto per mano di Beppe (Francesco Di Leva). Cosa l’ha colpito maggiormente di questo ruolo?
“Di tutta la mia carriera, si è trattato della prima volta in cui mi ritrovavo a interpretare il ruolo della vittima: una donna che viene rapita ed uccisa. Purtroppo, troppo spesso la cronaca ci informa di atti di atroce violenza perpetrati su donne di qualsiasi età, provenienza ed estrazione sociale. Sono fatti sconvolgenti che scuotono la mia coscienza ogni giorno e per i quali mi interrogo, angustiandomi perché pare sia difficile o, ahimè, impossibile trovare una soluzione a quello che sembra essere diventato il ‘trend’ del momento storico che stiamo attraversando”.
Un’esperienza intensa…
“Trovarmi ad interpretare una vittima mi ha toccato moltissimo e fatto anche molto riflettere sulle assurde dinamiche che possono portare all'esplosione di gesti estremi: a volte incontrollati, altre volte premeditati. Mi ha colpito come tutto possa precipitare in un momento, sia per la vittima che per il carnefice, talvolta inconsapevole di quanto sta effettivamente compiendo ed incosciente del suo trasformarsi in omicida. Mentre recitavo con Francesco Di Leva, il mio personaggio in un attimo è passato dal sentirsi forte e sicura di sé al sentirsi completamente sopraffatta ed inerme e ho avuto la percezione che il personaggio interpretato da Francesco abbia esperito esattamente il contrario: da sereno e tranquillo è diventato una bestia. In un attimo. Ed ecco che tutto può cambiare in un attimo, dall'essere semplici uomo e donna si diventa carnefice e vittima. Le vite dei protagonisti di queste vicende vengono immediatamente devastate e con le loro anche le vite di tutte le persone vicine, le famiglie, gli amici... tutti. Credo che si dovrebbe lavorare profondamente e continuamente a livello socio culturale per fornire a tutti gli strumenti migliori per gestire le proprie emozioni e relazioni, avendone coscienza. Credo che tutto ciò dovrebbe essere considerato maggiormente e a monte, non solo quando la violenza accade ma molto prima al fine di prevenire che ciò accada”.
Com'è stato il lavoro sul set?
“Intenso e proficuo, frutto di un grande lavoro di squadra sia all'interno del cast che insieme alla troupe. Il film è stato interamente girato in Emilia Romagna, all'interno di una struttura carceraria ed in esterno in luoghi panoramici magnifici come il Lido di Spina, Comacchio e Codigoro”.
Qualche difficoltà?
“Non ho ricordi di difficoltà particolari, è stato un set davvero molto sereno e ho avuto al fianco colleghi meravigliosi con cui ho potuto provare e anche gestire gli sforzi fisici ed emotivi di questo ruolo”.
Ne “I nostri ieri” ha fatto anche un importante lavoro di sceneggiatura. Che esperienza è stata?
“È stato un lavoro ed un'esperienza davvero molto importante per me. Ho iniziato ad affiancare il regista Andrea Papini nella scrittura a partire da alcune prove online che abbiamo svolto in periodo di lockdown e, soddisfatti del lavoro svolto, abbiamo continuato a collaborare nei mesi successivi e, ovviamente, anche sul set. Amo scrivere e, in quanto attrice, mi appassiona lavorare sulle dinamiche e sulle relazioni tra i personaggi, sono felice di averlo potuto fare e sono grata a Papini per questa esperienza grazie alla quale ho avuto modo di ‘costruire’ parte del film e il mio lavoro interpretativo partendo proprio dalla ricerca che ho affrontato in corso di scrittura”.
Lei è un’artista a tutto tondo: ama scrivere, recita e canta. Come nasce la sua passione per la musica?
“Nasce per raggiungere le persone in maniera ancora più ampia ed emotivamente coinvolgente. Cantare per me è vita e comunicazione. Sul palco mi trasformo, canto per il pubblico, amo traghettarlo in luoghi e posti immaginifici usando la voce e le canzoni che scrivo o i testi che interpreto. Tutto è nato perché il primo regista con cui ho lavorato, Alessandro Rossetto, mi ha chiesto di cantare nel corso di una scena del suo film Piccola Patria e io non ce l'ho fatta perché...per me era troppo emozionante e non sapevo gestire tutte le emozioni che mi attraversavano cantando. Da lì è nata una sfida con me stessa, Alessandro mi ha permesso di affrontare il mio timore e di tirare fuori la mia voce, gli sarò per sempre grata. Oggi lavoro con minoranze linguistiche, uso la voce per sperimentare tra tradizione e contemporaneità. Sto portando in concerto live la musica dedicata alla lingua cimbra che ho prodotto con Joe Schievano. Attraversiamo generi e stili differenti per parlare di una cultura antica divertendo ed emozionando il pubblico. Il progetto di chiama ‘NaügeBeng - Strade Nuove’ ed è disponibile anche sulle piattaforme”.
C'è un progetto che vorrebbe realizzare?
“Desidero continuare a dedicarmi alla recitazione, al canto e alla scrittura. Vorrei parlare di ambiente, di inclusione, di umanità.
Desidero farlo avendo sempre attenzione della realtà che mi circonda e desidero farlo insieme agli altri, a partire dall'associazione di cui faccio parte: Associazione Tadàn attiva in ambito artistico, formativo ed educativo. Un giorno costruirò un posto in cui lavorare con tanti altri artisti e lo vorrei fare per costruire qualcosa per la collettività”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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