Il film del weekend

"One Life", Hopkins brilla in un film commovente e necessario

Anthony Hopkins in un’opera che, per quanto convenzionale, sa colpire al cuore: messaggio umanitario e bisogno di generosità disinteressata sono quanto mai attuali

"One Life", Hopkins brilla in un film commovente e necessario

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One Life, il film di James Hawes attualmente al cinema e con protagonista il grande Anthony Hopkins, è forse il film più natalizio di queste prossime feste perché incarna lo spirito solidale e una serie di valori la cui necessità non riguarda un periodo dell’anno, ma ogni secondo di questa attualità sciagurata, flagellata da guerre, indifferenza e superficialità.

Tratto dalla biografia cartacea "If It's Not Impossible...: The Life of Sir Nicholas Winton", il film racconta la storia vera di un’operazione umanitaria finora misconosciuta, quella del salvataggio di centinaia di bambini alla vigilia della seconda guerra mondiale. “One Life” alterna due piani temporali e si configura come un dialogo continuo tra un passato collocato nel 1938 e un presente corrispondente a cinquant’anni più tardi.

Nell’incipit conosciamo Nicholas Winton (Hopkins), un uomo anziano che appare gentile ma al contempo tormentato. Intuiamo che abbia a cuore la beneficenza ma anche che rimandi da tutta la vita di fare i conti con un dolore segreto e taciuto. Dalla sua interazione con la moglie, con cui condivide una grande casa nel verde, si capisce che l’anziano scacci da cuore e pensieri, da tempo immemore, un’esperienza legata a un vecchio album chiuso in un cassetto.

In un flashback viene ripercorsa la genesi di quel manufatto, che scopriamo essere una sorta di diario pieno di foto e ritagli di giornale. Siamo verso la fine degli anni Trenta, le persecuzioni ad opera dei nazisti hanno iniziato a diffondersi in tutta Europa. L’ansia prebellica è alle stelle. Nicholas è in giovane età (Johnny Flynn) ed è un agente di cambio britannico inviato in Cecoslovacchia. Qui si trova a partecipare ad un'operazione che diventerà nota come Kindertransport. Sarà grazie al suo impegno caparbio e illuminato che verrà attuato un piano che salverà centinaia di bambini ebrei, predisponendone l’affidamento a famiglie inglesi prima dell’arrivo dei nazisti.

Il trauma riportato da Nicholas, persona severa con se stessa e comprensiva col mondo, si lega al fatto che le pagine finali dell’album siano rimaste bianche; un vuoto il cui significato emergerà durante la narrazione. La profonda sofferenza interiore a lungo rimossa ad un certo punto si incanala in uno scopo. L’anziano decide di liberarsi delle scartoffie accumulate negli anni e di venire a patti con il ricordo dei "suoi" bambini ebrei. Chi verrà a conoscenza della sua storia lo aiuterà a rendersi conto di come abbia cambiato la vita di tantissime persone.

Inutile dire che il protagonista di “One Life” sia stato soprannominato “l’Oskar Schindler britannico” e come lui (almeno nella sua rappresentazione spielberghiana) sia tormentato dal senso di impotenza e di colpa rispetto a tutti quelli che non riuscì a salvare. Si resta davvero toccati: la veridicità dei fatti amplifica la carica drammatica di un film che spicca tra i tanti dedicati al delicato tema della Shoah.

Forse la visione di “One Life” non avrebbe appassionato così tanto in altri momenti, ma mai come ora l’altruismo capace di fare la differenza va a solleticare corde emotive e a sollecitare la volontà di essere persone perbene. Ci si commuove anche grazie alla credibilità della messa in scena, perché va a incrementare il peso specifico del materiale emotivo trattato. Onestamente l’interpretazione di Hopkins è il sole attorno al quale ruotano quelle satellitari di un cast comunque prestigioso e all’altezza (tra gli altri Lena Olin, Helena Bonham Carter, Jonathan Pryce).

“La straordinaria storia di un uomo ordinario”, come recita il sottotitolo del film, vede però dietro alla macchina da presa James Hawes, regista televisivo qui al suo esordio sul grande schermo, e il risultato è una narrazione poco ritmata e un po’ scolastica. Una convenzionalità che si perdona facilmente visto che il racconto dopotutto è sobrio proprio come la persona di cui ripercorre le gesta. Siamo di fronte a un’opera che offre molto di ciò che abbiamo già visto in altre pellicole, ma che riesce comunque a coinvolgere con calore e semplicità.

Ingredienti della trama quali il rispetto di chi ha bisogno, il pudore della beneficenza silenziosa e la passione nel fare la cosa giusta costi quel che costi, rendono “One Life” il film scaldacuore e sveglia-coscienze di cui c’è bisogno questo Natale.

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